Folla per l’abbraccio a don Silvano
«Prete che ha fatto crescere i laici»

Intorno al feretro di monsignor Silvano Ghilardi - padre spirituale nella Teologia del Seminario e assistente diocesano dell’Azione cattolica (e già assistente nazionale Giovani) - morto martedì scorso per un malore in montagna, si è stretta, idealmente, tutta la Chiesa di Bergamo. E non solo.

Perché nella chiesa ipogea del Seminario, gremita di gente per i funerali presieduti dal vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, c’erano diversi rappresentanti di altre comunità, che in vario modo hanno incontrato il ministero pastorale di don Silvano. C’erano il presidente nazionale dell’Azione cattolica Matteo Truffelli (e anche l’attuale assistente nazionale dei Giovani), presidenti e assistenti dell’Associazione di altre province lombarde, oltre a una delegazione regionale. C’erano, naturalmente la presidente diocesana, Paola Massi, il vice assistente Giovani e Acr don Flavio Bruletti, i consiglieri diocesani e tanti giovani e adulti che don Silvano ha accompagnato con fede e amicizia nei suoi lunghi anni di servizio di assistente all’Associazione.

C’erano quanti hanno avuto don Silvano come parroco a Zanica e chi lo ha incontrato nelle parrocchie dove ha in vario modo operato: Berbenno, Blello, Selino, Almenno San Salvatore e Montello. C’era il Seminario, guidato dal rettore monsignor Pasquale Pezzoli, con i professori e gli alunni di teologia, commossi, che all’uscita dalla chiesa ipogea hanno portato a spalle il feretro di don Silvano. Feretro che invece, all’inizio dei funerali, è stato portato sotto l’altare dai sacerdoti compagni di Messa di don Silvano.

L’omelia del vescovo Monsignor Beschi ha ripercorso le letture bibliche, cogliendone le assonanze con la vita e la testimonianza del sacerdote scomparso: uomo capace di preparare e prepararsi all’incontro con Dio «sul monte», di guardare alle cose con la prospettiva di questo incontro, che ispira comprensione profonda, accoglienza e che ha come obiettivo la gioia del «banchetto», la convivialità, l’unità tra la gente e i popoli, come nella visione di Isaia. Ancora, seguendo le parole di Paolo ai Tessalonicesi, il vescovo ha sottolineato la capacità del sacerdote - «che ha fatto crescere molti laici - di far assaporare, con delicatezza, la «primizia» della salvezza, di essere profezia, cogliendo in questo un’altra peculiarità di don Silvano, accostato infine allo scriba del vangelo di Matteo che, divenuto discepolo, «estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».

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