Il disastro di Chernobyl 30 anni fa
A Bergamo fu stop a verdure e latte

Nel 1986 si verificò il più grave incidente in quarant’anni di applicazione pacifica dell’energia nucleare: all’1,23 del mattino del 26 aprile, per una serie di procedure errate, ci fu un’esplosione nell’edificio del reattore 4 della centrale di Chernobyl, 120 chilometri a nord di Kiev, oggi Ucraina, allora l’Unione Sovietica di Mikhail Gorbaciov.

L’esplosione (il reattore non era coperto da sufficienti protezioni) sviluppò radiazioni 200 volte superiori a quelle delle bombe atomiche sganciate dall’aviazione statunitense su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945 e investì per centinaia di chilometri quadrati Bielorussia e Ucraina, fino a lambire la Danimarca, la Scandinavia e perfino il nostro Paese. La notizia raggiunse l’Italia due giorni dopo il disastro (allora Facebook e Twitter erano solo fantascienza) attraverso uno stringato quanto capzioso dispaccio della Tass, l’allora agenzia di stampa governativa. Un breve comunicato dove si affermava che erano state prese le misure per eliminare le conseguenze dell’incidente e che si stava dando aiuto a coloro che erano stati colpiti.

Nell’edizione del 29 aprile l’Eco di Bergamo titolava in prima pagina «Disastro nucleare in Urss: sul Nord Europa una nube radioattiva». Il 30 aprile cominciarono a prendere consistenza le previsioni che davano l’arrivo della nube tossica nel settentrione d’Italia dal primo al tre maggio. A Bergamo, come del resto in tutta Italia, le precauzioni enumerate dal ministero della Sanità si diffusero tra la popolazione.

Si proibì per due settimane il consumo di verdure a foglia larga (sulle quali in prevalenza si depositava l’inquinamento radioattivo) e, per i bambini fino a dieci anni e le donne in stato di gravidanza, il consumo di latte fresco. La ripercussione più vistosa, ma anche la più scontata, fu l’impennata dei prezzi degli ortaggi ammessi regolarmente alla vendita: in pochi giorni le quotazioni dei pomodori e delle patate registrarono aumenti superiori al 50-60 per cento. Un respiro di sollievo si ebbe nell’edizione del 4 maggio dell’Eco di Bergamo. Il titolo era rassicurante: «Diminuisce la radioattività della nube che forse domani (5 maggio) lascerà l’Italia». Infatti, le previsioni meteorologiche annunciavano «correnti d’aria destinate a ripulire l’atmosfera dalla massa contaminata».

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