Il risotto simbolo dell’Italia all’estero
Cibo, affare da 450 milioni a Bergamo

C’è chi propone la pizza alla milanese o il pulaster. Il ristorante di Perth offre l’ossobuco con risotto alla milanese accompagnato dalla gremolata e quello di Quito che ha il vitello tonnato tra gli antipasti.

Ma c’è di più: un ristorante a Pechino ha nel menù i dumplings di zucca in salsa mantovana e ci sono piatti ispirati alla vie della moda milanese come i Bucatini San Babila e le Tagliatelle Spiga a Miami.

Sono 123 i ristoranti italiani (tra singole attività e catene) che all’estero offrono cucina regionale di tradizione o ispirazione lombarda, certificati dalle Camere di Commercio sul portale Italian Quality Experience promosso da Camera di commercio di Milano insieme a Unioncamere e alle altre Camere di commercio italiane. Il tutto su www.italianqualityexperience.it, una piattaforma online in 3 lingue a cui le imprese possono aderire gratuitamente. La certificazione avviene sulla base della qualità degli ingredienti utilizzati, autenticità delle ricette, qualità del servizio ed accoglienza.

«Promuovere le eccellenze della cucina lombarda e italiana nel mondo – ha dichiarato Alfredo Zini, consigliere della Camera di commercio di Milano - è un’occasione importante per diffondere la conoscenza del nostro territorio e della sua specificità agroalimentare basata su ingredienti antichi e ricette tipiche che la creatività dei nostri ristoratori all’estero ha permesso di adattare ai gusti dei diversi Paesi nel rispetto sostanziale della tradizione».

«La qualità degli ingredienti è alla base della buona cucina italiana – ha dichiarato Giovanni Benedetti, membro di giunta della Camera di commercio di Milano e direttore di Coldiretti Lombardia -. I ristoranti che all’estero utilizzano ingredienti genuini della tradizione agroalimentare italiana e lombarda diventano così promotori di un marketing diffuso che fa bene all’economia del nostro territorio e alla conoscenza del vero “made in Italy”».

Prodotti tipici lombardi nel mondo valgono 4 miliardi di euro. Partono soprattutto da Milano (oltre un miliardo), ma anche da Bergamo (470 milioni) e Mantova (420). Carne, frutta, formaggi e prodotti farinacei vanno sulle tavole francesi, il pesce in Grecia, gli oli e i vini negli Stati Uniti, le granaglie e gli amidi in Germania. Regno Unito in crescita, soprattutto per pane e prodotti da forno (+22%) e per vini e bevande (+11%) così come gli Stati Uniti (+14%), il Giappone per gli oli (+29,5%) e la Svizzera per le carni (+9,8%) e i pesci (+7,6%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat nei primi nove mesi del 2015 e 2014.

Ma quali sono i piatti lombardi che vanno di più nel mondo? È il risotto il simbolo del mangiare lombardo nei ristoranti esteri, protagonista in un menù su tre, seguito dalla costoletta alla milanese (15%) dalle zuppe e minestroni (15%) e dal vitello tonnato (11%). Diffusi anche la polenta e l’ossobuco alla milanese (un menu su dieci li offre). Tra i menù: gnocco fritto alla polenta con funghi freschi o gorgonzola, ossobuco, risotto alla milanese con midollo, vitello tonnato, minestrone, tagliere di formaggi tipici lombardi, casonsei e zuppa bresciani, costoletta alla milanese, cannelloni di zucca alla cremonese, pulaster, chips di polenta fritta.

In particolare i ristoranti certificati che offrono o si ispirano alla cucina lombarda si concentrano in Europa (28%), Asia (27%) e Centro e Sud America (21%). La cucina lombarda va forte soprattutto in Brasile, Stati Uniti e Cina ma ci sono anche ristoranti negli Emirati Arabi, in Sud Africa e Vietnam. Una cucina apprezzata soprattutto nelle grandi metropoli come San Paolo e Rio De Janeiro, Pechino, Hong Kong e Singapore, Los Angeles, New York e Miami.

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