Il Terremoto, le emozioni
e l’Europa

Gli abitanti di Norcia non intendono lasciare il loro territorio. Meglio le tende che gli alberghi sulla costa adriatica lontani dal sisma. Li guida l’attaccamento alle loro case e alla comunità ma anche il timore di lasciare i loro beni in balia degli sciacalli. Ansia comprensibile, ma è lo scetticismo che prevale. Il cittadino italiano dubita del suo Stato. L’ intero Paese vive slanci del cuore e si offre ad aiutare chi è colpito dalla disgrazia e dalla sfortuna.

Ma poi quando questa «pietas» deve tradursi in atti amministrativi, in azioni di governo ecco che scatta la diffidenza. Troppi sono gli scandali e il malaffare che hanno scandito la vita pubblica nazionale negli ultimi anni per poter nutrire un sentimento di certezza sull’ affidabilità della mano pubblica.

Un atteggiamento che si è esteso al di fuori dei confini nazionali ed ha contagiato le opinioni pubbliche di molti Paesi europei alleati e amici dell’ Italia. Gli italiani sono considerati intelligenti, creativi, mossi da spirito solidale, ma il sospetto che dietro la facciata istituzionale si nasconda la fregatura, questo è un sentimento condiviso.

Ce ne dà prova in questi giorni la Commissione europea che, di fronte alla tragedia di un Paese membro scosso da violenti terremoti, non trova di meglio che aggrapparsi agli zero virgola di un deficit improbabile.Certo non sono mancate le dichiarazioni di solidarietà, ma in queste circostanze contano i fatti.

Per esempio, sarebbe stato di buon auspicio convocare un vertice straordinario del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo con un solo punto all’ ordine del giorno: misure di intervento straordinario per un evento straordinario.

Anche il governo tedesco ha pensato bene di esprimere vicinanza umana, ma poi ha fatto sapere che i patti sono patti e vanno rispettati. Il sospetto è che il governo italiano con la scusa delle spese dovute all’ emergenza metta in carico anche interventi che con il terremoto non hanno nulla a che fare. Ed è qui che nasce l’ incomprensione o, se vogliamo, la vera differenza fra il mondo germanico e mediterraneo.

Sull’ onda di un’ emergenza che per il governo italiano non è solo sismologica, ma soprattutto politica ed economica, vedi referendum e bassa crescita, il primo ministro italiano si sente autorizzato a sforare e quindi a disattendere gli impegni del Fiscal Compact.

È in buona fede e pensa che sia la volta buona per scardinare l’ austerità e rilanciare gli investimenti. In Europa non capiscono perché per loro gli accordi sottoscritti vanno prima onorati e poi ridiscussi e il presidente della Commissione ha recentemente affermato che il patto firmato anche dall’ Italia si chiama di stabilità e non di flessibilità. Cercare scorciatoie è considerato poco serio. Prima ci si fa carico delle responsabilità assunte e poi si tratta.

E in questa partita le emozioni non contano, anche se nascono da tragedie imprevedibili. Si apprezza di più la volontà di tenere fede agli impegni presi che il piangere sulle miserie di una condizione oggettivamente esposta ai moti dell’ animo.

E non è solo l’ ottusità di burocrati insensibili, è il comune sentire di ampie fette di elettorato in Germania, come in Olanda o in Finlandia. Sono queste le differenze che rendono difficile un percorso condiviso in Europa.

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