«Il tumore, poi il trapianto e la dialisi: senza il Negri oggi non sarei qui»

La storia Giusy Casertano oggi ha 37 anni: aveva solo 24 anni quando le diagnosticarono una variante molto aggressiva di neoplasia intestinale. Salva grazie all’Istituto Mario Negri e al centro Daccò che compie 30 anni.

Aveva solo 24 anni, Giusy Casertano, quando i medici le diagnosticarono una forma rara di glomerulonefrite membrano proliferativa, una malattia che causa col tempo un’insufficienza renale cronica. I primi esami all’ospedale di Caserta, poi la corsa ai Riuniti di Bergamo – era il 2009 – dove una serie di altri accertamenti permisero di scoprire un «linfoma diffuso non Hodgkin a grandi cellule B», una variante molto aggressiva di neoplasia a livello intestinale . Da qui la necessità di sottoporsi a due interventi chirurgici: «Senza i medici dell’ospedale di Bergamo, il professor Remuzzi e l’Istituto Mario Negri – racconta oggi Giusy Casertano – non sarei qui a raccontare la mia storia».

Oggi Giusy ha 37 anni, si è sposata, e vive a Ferrara una vita pressoché normale; l’insufficienza renale cronica causata dalla sua malattia è mantenuta sotto controllo dai farmaci. Nel frattempo, alla fine del 2012, è stata sottoposta a un trapianto di rene donatole dalla mamma . «È stata la caparbietà dei medici, che hanno voluto capire il perché di un peggioramento improvviso del mio quadro clinico, nel 2009, ad avermi salvato la vita – dice ancora Giusy Casertano –. In appena due settimane sono andata in blocco renale; non avrei avuto possibilità di sopravvivere, se non avessero individuato quel tumore così in fretta. Tempo dopo mi hanno detto che solo in un caso su cento questo tipo di malattie è in grado di interessare anche altri organi».

Rimosso il tumore, Giusy Casertano si è sottoposta a dialisi ancora per tre anni e mezzo, «una prigione in cui ho visto morire tante persone – dice – e che non auguro a nessuno di provare». Dopo il trapianto Giusy Casertano entra in contatto con il «Mario Negri» e con il centro Daccò di Ranica nato nel 1992, 30 anni fa: «Sono orgogliosa di dare a questi ricercatori il mio contributo come persona trapiantata per compiere studi in grado di trovare nuove terapie per proteggere gli organi. L’Istituto Negri è importante per chi come me soffre di malattie immuno-degenerative ed è povero di difese immunitarie; i loro studi cercano di realizzare cose importantissime per affrontare i trapianti senza il bisogno dei farmaci. La ricerca deve essere sostenuta sempre».

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