«Il vaccino? E’ una questione morale che supera le norme»

Oscar Bianchi, presidente regionale di Avis, a capo anche del volontariato bergamasco, è favorevole a immunizzarsi contro il Covid.

Oscar Bianchi, presidente regionale di Avis e presidente Csv Bergamo, conosce bene la realtà del volontariato bergamasco da diversi punti di vista. Rispetto al vaccino ha una posizione chiara, maturata anche per aver vissuto in prima persona l’esperienza del Covid. «Per tutta la vita porterò con me il ricordo dei primi mesi in cui è iniziata la pandemia. Io sono stato malato Covid proprio all’inizio, dal 1° al 12 marzo. In quei giorni e quelle notti avvertivo un silenzio che urlava, squarciato dalle sirene delle ambulanze in giro per la città. Parlando con i medici, non si comprendeva cosa fosse, come si dovesse intervenire. Ho vissuto questa esperienza e posso dire che è opportuno fare il vaccino».

Quanto è importante per lei la vaccinazione anti Covid? «Per quanto mi riguarda è indispensabile per essere sicuro e per operare in sicurezza con le altre persone con cui si viene in contatto quotidianamente. E questo vale per me come persona, ma come rappresentante di associazioni di volontariato è ancora più importante perché oltre ad avere un rapporto individuale con le persone che incontriamo, svolgiamo un ruolo sociale che non deve venire meno per il fatto che non siamo in sicurezza nei confronti delle persone che sono più deboli». Cosa ne pensa di chi ritiene di essere leso nei propri diritti rispetto alla necessità di vaccinazione o tampone? «È vero che la norma regola il nostro agire, ma al di sopra c’è una questione etica e morale del nostro operato che deve essere tenuta in considerazione.

Se la norma mira a regolamentare i comportamenti dei cittadini, gli stessi dovrebbero essere regolamentati da un’etica che comprende sia la visione personale che la visione generale. Secondo me dovrebbe prevalere la visone generale su quella individuale. La salute di tutti è il bene più prezioso, se per raggiungere questo obiettivo dobbiamo perseguire la salute individuale, facciamolo». Lei è presidente regionale di Avis, c’è qualche indicazione rispetto a donazioni e vaccino? «Dal punto di vista associativo posso dire che abbiamo provato a chiedere di effettuare l’attività di raccolta del sangue sulle persone vaccinate e il Ministero ha emanato una circolare con cui si specifica che per la donazione di sangue non è necessario mostrare il Green pass. Chiunque può effettuare la donazione di sangue. Il nostro pensiero era di operare in sicurezza perché promuoviamo stili di vita, e tra questi riteniamo che abbia un forte peso la scienza, se la scienza indica il vaccino come strada, lo rispettiamo. In questo caso la norma non rispetta le indicazioni della scienza e quindi c’è la possibilità per tutti di effettuare la donazione. Dal punto di vista tecnico scientifico una donazione di sangue effettuata da un donatore vaccinato porta con sé anche tutti quegli anticorpi prodotti per combattere o essere immuni al Covid.

Quindi potrebbe essere, ma non ci sono studi scientifici mirati, di giovamento, come con il plasma iperimmune e, in alcune parti del mondo, con le immunoglobine specifiche anti Covid. Queste esperienze mostrano che se persone contagiate da Covid vengono trattate con immunoglobine, nei primi giorni di contagio, si possono avere reazioni positive con basso impatto di intervento sanitario. Questo non deve precludere la libertà di scelta, di cui sono rispettoso. Ma anche la libertà deve avere una razionalità. Il mio suggerimento è comunque quello di vaccinarsi per le ragioni che ho detto». Visto che non è richiesto Green pass, immagino che le procedure garantiscano sicurezza assoluta per il personale Avis e gli altri donatori. «Il personale medico e infermieristico è vaccinato, il percorso per i donatori è sicuro, con un triage esterno, oltre all’utilizzo delle mascherina e sanificazioni degli ambienti quotidiane. Quindi i donatori possono stare tranquilli.

Per altro i donatori durante la pandemia, hanno continuato a venire a donare al centro di Monterosso, mentre hanno smesso nelle strutture ospedaliere. Noi abbiamo garantito l’autosufficienza non solo provinciale, ma anche regionale e nazionale, grazie al fatto che Avis ha continuato la raccolta in sicurezza, con standard che sono mantenuti anche ora». Sempre in tema sanitario, si è già visto che un aumento di persone contagiate ha conseguenze su altri aspetti della cura e terapia. «È vero che l’aumento dei contagiati influisce sulla possibilità di cura e prevenzione di altre patologie. Dico di più. C’è un effetto in generale sul welfare con un aumento di richieste di prestazioni di accompagnamento e gestione di malati cronici che incide sulle attività che prima le associazioni di volontariato svolgevano e che ora si trovano a dover garantire in più. Ribadisco che l’etica generale non deve essere minata dall’etica individuale. Si deve trovare il giusto compromesso». Colpisce che anche nella nostra terra così colpita dal Covid ci siano resistenze alla vaccinazione, come se si potesse ignorare il numero di deceduti.

«A questo proposito c’è molto su cui riflettere. L’obiettivo che la comunità dovrebbe porsi è di far diffondere informazioni, azioni, comunicati, best practice, ma anche le bad practice. Si deve fare comunicazione per far comprendere qual è il beneficio rispetto al rischio di non essere vaccinato. Anche in Avis ci sono donatori che non vogliono vaccinarsi e si mostrano fortemente contrari, ma la posizione dell’associazione è a favore». Cosa pensa di un vaccino obbligatorio? «Il governo sta andando in questa direzione, che a me sembra quella giusta, ma non vorrei che passasse il messaggio che l’obbligo leda la libertà, ma la libertà deve essere consapevole. Ci sono molte fake news che devono essere screditate. Oggi ognuno porta avanti la sua tesi, ma non si entra in merito alla veridicità. Si può ammettere che la comunicazione sui vaccini è stata gestita male, ma si deve comprendere che inizialmente si navigava a vista, perché si cercava di correre per mettere in sicurezza la popolazione. Adesso abbiamo esperienze, competenze, risultati scientifici che possono dare linee quasi sicure al 100%. La scienza conosce la malattia, la sa affrontare. Altrimenti dovremmo non credere più a nulla, ed essere noi ultra competenti in un mondo specialistico. Dobbiamo fidarci». La preoccupa l’andamento? «Un po’ sì, perché stiamo prendendo confidenza con mascherina, igienizzazioni, una confidenza che allenta la vigilanza. Sono un po’ preoccupato perché il contagio è in ripresa».

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