Regione: chiudere alle 23. Ok del governo
«Weekend fermi centri commerciali»

La Lombardia ha deciso di chiedere al governo l’istituzione del coprifuoco sul territorio regionale dalle 23 alle 5 dopo che la «Commissione indicatori» istituita dalla direzione generale del Welfare ha previsto che al 31 ottobre, potrebbero esserci circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4.000 in terapia non intensiva.

Regione, sindaci e tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione: davanti all’impennata dei contagi e alle previsioni allarmanti di tecnici e scienziati la Lombardia si compatta intorno alla necessità di nuove misure di contenimento del virus più stringenti rispetto a quelle nazionali varate con il nuovo Dpcm dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Da qui la decisione unanime di chiedere al Governo la condivisione di quello che a tutti gli effetti può essere definito un coprifuoco, con lo stop di ogni attività e degli spostamenti, salvo comprovati motivi di necessità, nell’intera regione dalle 23 alle 5 del mattino, a partire dal prossimo giovedì 22 ottobre. A strettissimo giro la risposta el ministro della Salute, Roberto Speranza: «Sono d’accordo sull’ipotesi di misure più restrittive in Lombardia. Ho sentito il Presidente Fontana e il sindaco Sala e lavoreremo assieme in tal senso nelle prossime ore», ha detto il ministro all’Ansa.

La decisione lombarda nasce dalla rapida evoluzione della curva epidemiologica e dalla previsione del Comitato tecnico-scientifico regionale, secondo cui, da qui alle prossime due settimane, potrebbero esserci circa 600 ricoverati in terapia intensiva e fino a 4 mila in terapia non intensiva. Una situazione allarmante, che ha portato gli amministratori lombardi a tutti i livelli a condividere anche l’opportunità della chiusura, nelle giornate di sabato e domenica, dei centri commerciali non alimentari, lasciando aperti i supermercati e i negozi di generi di prima necessità.

All’incontro convocato dal governatore Fontana sulle nuove limitazioni hanno partecipato i sindaci dei Comuni capoluogo, il presidente di Anci Lombardia, Mauro Guerra e i capigruppo di maggioranza e di opposizione del Consiglio regionale, tutti collegati videoconferenza tranne il sindaco di Milano Beppe Sala, presente fisicamente a Palazzo Lombardia, sede della Giunta.

E proprio Milano continua ad essere la sorvegliata speciale, da dove arriva la metà dei nuovi positivi della regione (814 casi nell’area metropolitana, 436 a Milano città). In questi giorni il Covid ha colpito anche il Palazzo di Giustizia, dove lunedì mattina sono state effettuate diverse sanificazioni in uffici e locali della Procura, dopo tre casi di pm positivi, e un intero corridoio è stato chiuso per la disinfezione. «Non riusciamo a tracciare tutti i contagi, a mettere noi attivamente in isolamento le persone. Chi sospetta di aver avuto un contatto a rischio o sintomi stia a casa» è stato l’allarme lanciato dal direttore sanitario dell’Ats di Milano, Vittorio Demicheli.

Mentre il numero crescente dei malati di Covid-19 ma anche il gran numero di pazienti non Covid che arrivano in pronto soccorso per altre malattie rischiano di mettere in affanno la macchina organizzativa. Se si dovessero superare i 150 ricoveri per Covid in terapia intensiva, nei prossimi giorni è pronta a scattare la cosiddetta «fase 2» del piano ospedaliero lombardo, con l’attivazione anche delle terapie intensive alla Fiera di Milano e di Bergamo, per i quali in queste ore si lavora anche al reclutamento del personale.

Lunedì 19 ottobre i nuovi contagiati in tutta Lombardia sono stati 1687, con 14.577 tamponi effettuati, per una percentuale pari al 11,5%, in netta crescita rispetto a ieri (9,6%). I nuovi decessi sono 6 per un totale di 17.084 decessi in regione dall’inizio della pandemia. In salita sia i ricoveri in terapia intensiva: (+3, 113), che quelli negli altri reparti (+71, 1.136).

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