L’Associazione provinciale forense:
«Allarme udienze, ritardi inaccettabili»

L’udienza per l’eredità della figlia minorenne di un padre morto di Covid rinviata a dicembre. La prima disponibile per permettere al padre di rivedere il figlio di 3 anni fissata a febbraio 2021.

La sospensione della patente scaduta da un mese ma l’ufficio commissione medica patenti resta chiuso e o con esso la possibilità di tornare al lavoro e perfino svolgere i lavori socialmente utili prescritti. «Sono solo esempi di quanto sta succedendo nei casi delle persone più deboli e sia chiaro: il nostro non è un attacco alla gestione del tribunale di Bergamo, cui va la nostra solidarietà. Ma così non va, il ministro della Giustizia deve cambiare marcia».

Quella della cosiddetta fase 2 è simile al ballo del mattone, lento, macchinoso, inadeguato, sostiene l’avvocato Giovanni Bertino, presidente dell’Associazione provinciale forense che in una nota lancia l’allarme sul treno della giustizia che a suo dire viaggia all’incontrario e che rallenta dove dovrebbe accelerare, alla voce tutele. «Abbiamo la netta sensazione che i più deboli, i più colpiti dall’epidemia, ora siano anche i più a rischio per la lentissima ripresa dell’attività giudiziaria», scrive l’Apf esprimendo «forte sgomento per il funzionamento della giustizia a Bergamo nella fase 2».

Lo sgomento viene declinato in casi: quello della ragazzina 17 di anni, figlia di un ingegnere dipendente 54 enne morto di Covid, con la mamma che lavora part-time, che dopo essere stata autorizzata ad accettare l’eredità con beneficio d’inventario ora è al palo e al bivio: se ha fretta può andare dal notaio, con relativo esborso; altrimenti deve aspettare il primo appuntamento per accettazione a dicembre 2020.

Ma l’Apf cita anche il caso del padre, in causa con la moglie che ne ha chiesto al tribunale dei Minori la decadenza della patria potestà. Il tribunale ha rigettato la richiesta della donna, il padre si è rivolto al tribunale della famiglia ottenendo la prima udienza il 25 febbraio 2021.

Sotto la superficie dei casi, resta la sostanza, sostiene l’avvocato Bertino. «Ci sono limiti normativi evidenti: il personale del tribunale viene invitato al lavoro agile ma poi lavorando da casa il personale di cancelleria non ha possibilità di accedere ai registri e allora la macchina della giustizia si blocca. Per questo auspichiamo che per la fase 2 il personale del tribunale, e in particolare in cancelleria, torni in ufficio o altrimenti, ed è la soluzione che caldeggiamo, che venga consentito ai cancellieri l’accesso da remoto ai registri: i magistrati possono accedere, i cancellieri, per questione di sicurezza, no. Ma non si possono fare le nozze con i fichi secchi, e lo stesso vale per le udienze in videoconferenza: la rete del tribunale è obsoleta, salta e bisogna continuare a uscire e a ricollegarsi».

Il presidente de Sapia

Che la situazione della giustizia all’alba della fase 2 sia complicata lo concede anche il presidente del tribunale Cesare de Sapia. Non solo a Bergamo, basta dare un’occhiata ai numeri dell’impasse italiana riportati ieri su Repubblica: dal 23 febbraio il 41% in meno dei processi penali definiti, il 49% in meno di quelli penali iscritti, il 43% di sentenze in meno nel civile. «È vero che spesso i sistemi informatici non sono maturi, che in smart working il personale di cancelleria non può accedere ai registri. Però bisogna chiarire cosa intendiamo per fase 2: fino al 12 maggio era di fatto tutto fermo, salvo le urgenze, dal 12 maggio la situazione si è capovolta - sottolinea il presidente de Sapia -. Il tribunale ha riaperto, si fa tutto quello che si può fare, ma non dimentichiamo che ci siamo ritrovati con i rinvii da ricalendarizzare eppure abbiamo avuto anche 60-65 dipendenti ammalati e ci sono stati giorni in cui eravamo al lavoro in 12 su 103 persone».

L’uscita dal baratro non può essere uno sparo di cannone ma è la prospettiva, sostiene de Sapia, ciò che conta. «Sulla questione del lavoro da remoto delle cancellerie e dell’accesso ai registri ci siamo confrontati col ministro, ci sono questioni di sicurezza. Insisteremo sul ritorno del personale in ufficio nel più breve tempo possibile, ma non si può improvvisare. È evidente che il processo da remoto che è uno strumento utile comporta tempi più lunghi e d’altra parte le udienze non si possono accavallare. Ma non abbiamo detto che non si possono fare le udienze in presenza, nei limiti del possibile vogliamo fare tutto. L’obiettivo è gestire tutte le questioni problematiche e ripartire al meglio». E sulla lentezza ingiusta della giustizia nei confronti dei più deboli, paventata dall’Apf? «La mia porta è sempre aperta. C’è la massima comprensione e ci sarà sempre per chi verrà a esporci un problema grave».

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