L’azienda che produce flussimetri
«Noi sommersi dalle richieste»

La Flow-Meter in prima linea per le forniture agli ospedali di tutto il Paese. Il titolare: «Produzione decuplicata: grandi difficoltà, ma non ci tiriamo indietro».

«Dal nostro punto di vista la seconda ondata non è stata adeguatamente prevista dal sistema di prevenzione nel nostro Paese. Il risultato, per noi che produciamo dispositivi medicali indispensabili per i pazienti Covid, è che dopo i mesi terribili di marzo e aprile, dopo un periodo di calma piatta in estate, ci troviamo, di nuovo, da ottobre, a fronteggiare richieste di apparecchiature che mettono a dura prova il nostro sistema produttivo».

Roberto Paratico, proprietario con il fratello Venanzio della Flow-Meter di Levate, azienda leader mondiale da ormai 50 anni nel campo della progettazione e produzione di dispositivi per la misura, il controllo e l’erogazione di fluidi per applicazioni nel settore medicale, spiega così i motivi del nuovo boom di richieste di flussimetri e dispositivi per l’erogazione dei gas medicinali necessari a contrastare il coronavirus che ha nuovamente sommerso Flow-Meter a inizio ottobre.

Un boom che ha costretto nuovamente l’azienda ad aumentare in modo esponenziale la produzione, soprattutto di flussimetri per ossigenoterapia e miscelatori di ossigeno-aria per le terapie Cpap, esattamente come a inizio pandemia.

«Nella prima parte dell’emergenza l’aumento delle richieste è stato esplosivo – racconta –. Siamo passati dai 1.500-2.000 flussimetri normalmente prodotti ogni settimana, ai 4.500 di quel periodo. E tutti, in quei mesi, riservati al nostro Paese, mentre solitamente più dell’80% dei nostri prodotti viene destinato all’esportazione. Quindi la richiesta del mercato italiano è stata più di 10 volte superiore rispetto alla norma. Anche gli ordinativi per i miscelatori di ossigeno-aria necessari per alimentare i caschi per Cpap sono aumentati a dismisura: dalle 300 unità l’anno che solitamente produciamo, siamo passati a 3.000 in soli tre mesi». L’azienda nei mesi iniziali del 2020 ha così dovuto lavorare 7 giorni su 7 per 18 ore al giorno per far fronte alle richieste e nel pieno della pandemia ha avuto anche la difficoltà di trovarsi a personale ridotto per motivi legati al Covid-19 (11 dipendenti, tra positivi o con contatti familiari riconducibili al virus, su un totale di 60). «E ora, da ottobre – continua –, la situazione, i numeri e le richieste sono tornate a essere quelle di inizio pandemia. Solo che in primavera il Covid-19 ha colpito duramente e in modo inaspettato, travolgendo in particolar modo la Bergamasca e gran parte della terra lombarda. La seconda ondata invece, ampiamente prevista dagli esperti, ha riguardato tutta Italia. In pochi però, durante la calma estiva (quando abbiamo potuto tornare a produrre anche per il mercato estero), han pensato di mettere fieno in cascina. Così le chiamate disperate dagli ospedali della zona che abbiamo ricevuto a partire da marzo, in cui venivano richiesti i famosi flussimetri, si sono trasformate in richieste dell’intero Paese. È inaccettabile che non ci si sia attrezzati per tempo dopo l’esperienza vissuta a marzo».

La Flow-Meter non ha intenzione di arrendersi. «Abbiamo cercato di mettere a disposizione tutto ciò che potevamo in un contesto così complesso e continueremo a farlo – assicura –, sia per aiutare gli ospedali italiani che quelli esteri. Abbiamo anche aiutato, grazie alla regia dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà, nella realizzazione dell’impianto di erogazione dei gas medicinali dell’ospedale da campo alla Fiera di Bergamo, donando sul nostro fronte tutti i materiali necessari per l’ossigenoterapia e per la ventilazione non invasiva. Vogliamo continuare a essere di supporto»

© RIPRODUZIONE RISERVATA