L’efficienza del 118 bergamasco
Mezzi fuori 20 secondi dopo la chiamata

«Pronto?». Nemmeno il tempo di comporre il numero 112 (o 118, 113, 115: a rispondere è sempre la stessa centrale) e l’operatore ha già alzato la cornetta. Dopo 20 secondi la centrale operativa territoriale ha già inviato un mezzo.

«Inizialmente la tempistica era sui 50 secondi: oggi siamo appunto a 20 secondi». Lo racconta con orgoglio Oliviero Valoti, responsabile territoriale del 118 di Bergamo, mentre mostra, posteggiato nell’hangar adiacente l’ospedale Papa Giovanni XXIII, il nuovo elicottero per gli interventi di soccorso nei luoghi più impervi o lontani. Valoti ha visto mutare, nel corso degli anni, l’assetto e l’organizzazione del 118: «I miglioramenti sono evidenti – spiega – e a ottenere i maggiori vantaggi è ovviamente il cittadino. Oggi esistono altre tre sale operative regionali come la nostra, mentre il 118 è diviso in 12 articolazioni territoriali».

Il fatto che una chiamata al 112 fatta da un bergamasco finisca a Varese per poi essere di nuovo dirottata a Bergamo, oppure – dallo scorso maggio – una chiamata fatta da un bresciano venga dirottata alla sala operativa di Bergamo e che da qui vengano gestite automediche e ambulanze del territorio di Brescia, nella pratica non fa alcuna differenza al cittadino che telefona: «La chiamata viene inizialmente ricevuta da un operatore tecnico del 112 – spiega Valoti –, il quale pone cinque semplici domande per inquadrare la problematica. Non solo: ha già individuato il luogo da cui arriva la chiamata. Poco dopo le telefonata viene girata alla nostra sala operativa, dove l’operatore, pure un tecnico “laico”, ha già le informazioni raccolte dal collega e invia il primo mezzo. In seguito, ma si parla di minuti, l’infermiere o il medico intervengono a gestire l’intervento e indicano l’ospedale di destinazione».

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