Lo avevano trovato due bergamaschi
Identificato il cadavere nella valigia

Una protesi vertebrale ha permesso di identificare il cadavere che lo scorso 4 novembre, nelle campagne di Alice Castello (Vercelli), era stato trovato in una valigia da tre cacciatori, due bergamaschi e un lecchese.

L’anatomopatologa Cristina Cattaneo, la stessa del caso di Yara Gambirasio – a cui la Procura vercellese ha affidato l’autopsia – è risalita all’identità di Franca Musso, 54 anni. I tre cacciatori avevano aperto la valigia, notata in una zona di campagna isolata al confine con il Biellese, nei pressi di una vecchia discarica, ma si erano allontanati terrorizzati tornando a casa. Soltanto in seguito si erano decisi a informare le forze dell’ordine.

Franca Musso abitava in una cascina poco fuori Tronzano, sempre nel Vercellese, i familiari ne avevano denunciato la scomparsa il 16 ottobre di un anno fa. Non avevano sue notizie da una decina di giorni e, quando i carabinieri hanno sfondato la porta della sua abitazione, all’interno c’erano solo i due cani della donna. Di Franca Musso, un rapporto burrascoso con l’ex compagno, qualche espediente e lavori sporadici per sbarcare il lunario, si erano perse le tracce.

«Era una persona di poche parole, non parlava volentieri – raccontano alcuni vicini –. Il nostro rapporto era quasi nullo. Dopo la separazione dall’ex compagno era sempre più in difficoltà». Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore di Vercelli Francesco Alvino, devono ora far luce sulle cause della morte e su come il cadavere della donna sia finito all’interno di quella valigia. I reati ipotizzati fino ad ora, a carico di ignoti, sono quelli di abbandono e occultamento di cadavere. Ulteriori elementi utili potrebbero emergere dagli accertamenti scientifici dei carabinieri del Ris di Parma e della dottoressa Cattaneo, ancora in corso sia sul cadavere, sia sulla valigia.

I resti di Franca Musso erano stati trovati da un gruppo di cacciatori lombardi, di passaggio nelle campagne di Alice Castello, il corpo ridotto a un cumulo di ossa. In avanzato stato di decomposizione, ma integro, era rannicchiato all’interno della valigia, tra i rifiuti e le sterpaglie che crescono abbondanti sotto il cavalcavia della bretella autostradale di Santhià.

A un primo esame non sono stati individuati segni tali da far presumere una morte violenta. Per arrivare all’identificazione della donna ci sono voluti quasi due mesi. La dottoressa Cattaneo, medico legale tra i più esperti in questo genere di analisi, ha dapprima stabilito che si trattava di una donna tra i 50 e i 60 anni. Il resto l’ha fatto la matricola impressa nella protesi vertebrale. Resta però ancora irrisolto il mistero di come sia morta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA