Camporini racconta la vita di Bossetti
E lui piange in aula pensando alla famiglia

«La sua vita è casa, lavoro, famiglia e questi sono i dati concreti, non congetture». Lo dice l’avvocato Claudio Salvagni, riferendosi a Massimo Bossetti nel processo relativo alla morte di Yara Gambirasio.

Lunghe code si sono create anche per questa udienza per entrare in aula. La mattina, ma anche nel pomeriggio di venerdì 27 maggio. È «assurdo» tratteggiare Massimo Bossetti come un sexual offender perché «la sua vita è stata passata al setaccio e non è stato trovato nulla: la sua vita è casa, lavora e famiglia». Lo sostiene uno dei legali del muratore imputato per l’omicidi di Yara Gambirasio, Claudio Salvagni.

«Molti uomini hanno l’attitudini a essere piacioni - ha spiegato il legale -, a essere provoloni, come si dice, ma questo non fa di loro degli assassini». «Gli sono state attribuite delle amanti - ha proseguito - dove sono queste amanti?». La sua vita è appunto casa, lavoro, famiglia e questi sono i dati concreti, non congetture».

Va «alla vittima» di un «delitto efferato, terribile» e alla sua famiglia il primo pensiero dei difensori di Massimo Bossetti, imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio. È la «necessaria premessa» dell’avvocato Claudio Salvagni che cerca di evitare una condanna all’ergastolo chiesta dal pm Letizia Ruggeri per il muratore di Mapello.

Claudio Salvagni non ha avuto timore a usare la parola «tortura» in relazione alla vicenda giudiziaria del muratore di Mapello e ha elencato quelli che, a suo avviso, sono «colpi bassi» da parte di investigatori e inquirenti: tra questi l’acquisizione delle lettere tra Bossetti e la detenuta Gina e quel video, che ritrae un furgone, per l’accusa del muratore, che fu diffuso alla stampa: «Si è trattato di un video confezionato come un pacchetto dono, per tranquillizzare la gente, per avere il mostro, il pedofilo, il mentitore seriale».

L’avvocato ha duramente attaccato la conduzione delle indagini e la «stampa appiattita» sulle tesi dell’accusa. Il legale ha parlato di «atto gravissimo» in riferimento alla deposizione di un ufficiale del Ros che aveva raccontato di aver visto che Yara, quando ne fu trovato il corpo, stringeva in pugno dell’ «erba radicata». «È un falso - ha detto il legale -: non è possibile trasferire alla corte qualcosa come indiscutibile quando invece non era vero».

E Salvagni ha proseguito: «Questa difesa non ha mai potuto interloquire» e «sul lavoro fatto da altri non può esserci chiesto un atto di fede». «Non avete giurato su un libro di biologia ma sulla Costituzione», ha detto ai giudici Salvagni, invitandoli a essere rigorosi nella valutazione della prova.

Il muratore imputato dell’omicidio di Yara Gambirasio è presente in aula in cui c’è anche la moglie Marita Comi - giunta in tribunale a Bergamo a bordo di una Porsche Panamera color rame - e con targa del Principato di Monacomentre non è venuta la madre, Ester Arzuffi, per via di un’indisposizione, come spiegato dal suo avvocato, Benedetto Maria Bonomo.

Nel pomeriggio Paolo Camporini ha proseguito con l’arringa della difesa tratteggiando il personaggio di Bossetti: «Mai una parola fuori posto, non ha mai covato vendetta nei confronti di chi lo sta accusando da anni - ha detto l’avvocato -. Massimo Bossetti è più preoccupato per la sua famiglia che per se stesso, perchè è convinto della sua innocenza ed è sempre stato convinto che il giudice avrebbe capito che è estraneo ai fatti».

E Bossetti ha pianto quando Camporini, ha fatto cenno alla sua famiglia, ai figli che gli correvano incontro al suo ritorno a casa. Il legale aveva prima ripercorso le dichiarazioni di Bossetti riguardo il 26 novembre 2010 quando scomparve la tredicenne di Brembate di Sopra. A proposito del commercialista e del meccanico dai quali il muratore aveva ipotizzato di essere andato Camporini ha spiegato: «Forse nessuno ricorda di averlo visto, ma certamente nessuno l’ha mai visto altrove».

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