«Maestro» della letteratura e della vita
Il ricordo del professor Adriano Menegoi

Il ricordo di un ex alunno che racconta il professor Adriano Menegoi, morto per un malore la settimana scorsa, colpito da un malore alla stazione di Bergamo, mentre si apprestava a prendere il treno per recarsi alla mostra di Giotto a Milano. Per diversi anni fu docente al liceo scientifico Lussana. Stimatissimo insegnante, aveva pubblicato anche testi scolastici, saggi e racconti.

Gli insegnanti, se hanno qualcosa di speciale, non li dimentichi mail e li porti con te nel cuore e negli angoli dei ricordi per tutta la vita. Questo vale per il mio professore d’Italiano Adriano Menegoi che mi ha accompagnato per due anni al Liceo Scientifico Filippo Lussana di Bergamo. Era conosciuto anche da chi non ha avuto l’onore di essere un suo alunno o non ha mai assistito a una delle sue memorabili lezioni. Io sono stato ancora più fortunato: ho coltivato con lui una amicizia sincera che si traduceva in qualche serata insieme e telefonate che sembravano non finire mai – e che avrei voluto durassero sempre di più - a disquisire di arte e letteratura, politica, saggistica e storie di vita. Il “mio” professore se ne andato così, all’improvviso mentre stava andando a vedere una mostra a Milano, e io penso alle sue parole, alle chiacchierate sul Verismo e l’Umorismo pirandelliano, alla poesia che amavamo, di Giovanni Pascoli e dell’eterno Leopardi. Spesso ci capitavano simpatiche battaglie e scontri su pensieri letterari che ci legavano tantissimo. E così mi lanciavo, sapendo di ammaliarlo, nei miei racconti d’arte. Amava in particolare ascoltarmi su Vincent Van Gogh, mentre io amavo da ragazzo ascoltare le sue lezioni, sempre diverse, mai scontate, soprattutto geniali.

Perché il professor Menegoi era geniale: a leggere una poesia, a commentarla, a dissertare su un passo dantesco. Speciale nella critica, superba e sublime. La sua prima lezione di italiano è ancora impressa nella mia memoria, lui che era un uomo da palcoscenico, istrionico, incredibile oratore. Un «maestro» della letteratura e della vita, una cultura senza limiti, talmente vasta che spesso facevo fatica a stargli dietro. L’ho ascoltato sempre con passione: molto spesso dopo una sua lezione, e successivamente dopo il liceo una sua telefonata o incontro, ho iniziato a leggere nuovi autori o critici, nuovi brani da lui citati, allargando così il mio bagaglio culturale. Perché Menegoi era un uomo che sapeva travolgerti dalle parole e dalla loro bellezza. Dalla meraviglia della conoscenza.

Con lui ho imparato ad amare la lettura, un bene prezioso e non così scontato. Una sera, ospite a casa sua, mi chiese del saggio «L’Umorismo» di Pirandello. Lo commentammo insieme, libro alla mano: fu una lezione speciale, solo per me, studente cresciuto ma ancora grande sognatore. Mi sentii l’alunno più fortunato e ora che se ne è andato così, improvvisamente, ho pensato a una frase del suo, e mio, amato Van Gogh: «Prima sogno i miei dipinti, poi dipingo i miei sogni». Ciao Professore.

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