Michelle Hunziker stronca «Adrian»
«Offese le donne vittime di violenza»

La showgirl lascia il live di Adriano Celentano e stronca il cartoon ispirato al noto cantautore. «Il mio ruolo e i miei valori sono incompatibili con alcuni messaggi sulle donne vittime di violenza».

Michelle Hunziker rompe il silenzio e in un’intervista al «Corriere delle Sera» di mercoledì 20 febbraio racconta i motivi della sua rinuncia a partecipare allo show di Adriano Celentano e soprattutto prende le distanze dal cartone animato ispirato al cantante italiano in cui ha trovato battute sessiste che offendono le donne e vanno contro il suo impegno contro le violenze.

«C’è un momento in cui il protagonista (Celentano) salva due ragazze molto sexy, che sono state appena aggredite da un gruppo di malviventi che hanno cercato di stuprarle – spiega nell’intervista –. Si rivolge a loro e dice: “Se aveste bevuto qualche bicchierino in meno forse avreste evitato l’increscioso approccio con quei tipi loschi”».

Un commento sessista per la showgirl svizzera che vive a Bergamo, essendo lei presidente dal 2007 di un’Associazione, «Doppia Difesa», creata con Giulia Bongiorno, che aiuta le donne vittime di violenza: «Il primo messaggio che diamo è che le vittime di violenza non devono mai sentirsi in colpa per nessun motivo. Il mio ruolo e i miei valori sono incompatibili con messaggi di questo tipo. E mi riferisco esclusivamente al cartone non al live».

Una battaglia da parte della Hunziker che non si ferma con l’abbandono di Adrian, ma con il proseguo del progetto «Codice Rosso», sempre all’interno di Doppia Difesa, che ora ha iniziato il suo cammino parlamentare: «La nostra proposta di legge dice che nell’arco di 72 ore dalla denuncia di una donna, perseguitata da un uomo, c’è l’obbligo di intervenire: il giudice deve sentire la vittima e occuparsi del caso. Il problema ora è che qualcuno ci vuole mettere mano perché sostiene che 72 ore sono poche. Voglio ribadire che 72 ore sono troppe! Non poche! Questo termine è perentorio. Se sale, ritiriamo la legge. Se una donna è in pericolo di vita, in 72 ore si può morire».

© RIPRODUZIONE RISERVATA