Montagna, dispersi sotto la neve
Saranno i droni a ritrovarli

L’uso del drone potrà essere determinante in montagna. Presto verrà sperimentato per la ricerca di dispersi. Il progetto si chiama «Sherpa» e verrà testato la prossima stagione invernale in Valle d’Aosta. Ecco come funziona.

Presto potrebbe arrivare anche da noi. Se la sperimentazione che verrà effettuata la prossima stagione invernale in Valle d’Aosta darà i risultati sperati. Si tratta di «Sherpa», il progetto europeo coordinato dall’Università di Bologna. L’idea è semplice: un apparecchio Arva in modalità ricettiva (per captare il segnale emesso dagli sciatori sepolti dalla neve), sarà montato sotto il drone, come si fa con le macchine fotografiche. In realtà poi l’elaborazione è stata più complessa, ci sono voluti quattro anni di lavoro. Ma ora è quasi pronta e dovrebbe essere sperimentata già la prossima stagione invernale sul campo, dagli esperti del Soccorso alpino del Cai della Valle d’Aosta.

Un progetto finanziato dall’Unione Europea nel 2013 con 8 milioni di euro e portato avanti da una decina di enti internazionali, tra atenei e imprese, coordinati da Lorenzo Marconi docente dell’Università di Bologna. «Il vantaggio principale dell’uso dei droni è la velocità e la sicurezza» spiega il docente. «In 5-6 minuti riescono a coprire un ettaro di terreno indirizzando rapidamente i soccorritori verso il punto in cui si trova il disperso». Saranno gli stessi uomini del Cai a radiocomandare i droni, a distanza e quindi in totale sicurezza.

Secondo il Cai, i dispersi sotto la neve sono passati dai 1300 del 1955 ai circa 8mila del 2014. «Il progetto Sherpa aiuta a essere più efficienti con meno persone e i suoi sistemi di localizzazione arrivano anche dove non c’è copertura gps». I droni permettono di inviare informazioni in brevissimo tempo, così il disperso ha più possibilità di vivere. Riuscire a recuperarlo nei primi 15-20 minuti dalla slavina è determinante.

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