Quell’abbonamento nerazzurro
uscito da un cassetto 62 anni dopo

Apri casualmente un cassetto e ritrovi intatta la tua prima tessera di abbonamento all’Atalanta della stagione sportiva 1958/59. Eh sì, sono trascorsi «appena» 62 anni. Pazienza, o meglio, per fortuna! Si tratta, per me, di un autentico amarcord indelebile.

Per di più mi privilegiò di quel prezioso lasciapassare per assistere alle gare interne dei nerazzurri il senatore della Repubblica Daniele Turani, lo storico presidente che per 19 anni (dal ’45 al ’64) resse le fila del club, con sede allora in piazza Vittorio Veneto, lungo il Sentierone.

E me lo consegnò lui stesso, nell’abitazione di Redona (dove oggi c’è l’arioso parco che porta il suo nome) presenti il compianto figlio maggiore Giorgio e il terzogenito Angelo,tuttora tifoso nerazzurro fino al midollo. Ma non finisce qui. Non ricordo per quale coincidenza, ospite dell’illustre «senatur» c’era Stefano Angeleri. Sì, proprio la bandiera di quei tempi nonchè capitano per eccellenza. Da ragazzino qual ero e già col nerazzurro contraddistinto nel cuore, saltai festante tra le braccia dello stupito, ma gratificato «gabbiano» (così soprannominato perché nella corsa lungo il manto erboso teneva le braccia allargate come fossero ali). In quella annata agonistica l’Atalanta tornò subito in Serie A (prima in classifica sul Palermo, secondo) reduce dalla retrocessione estiva a tavolino perché indiziata di aver addomesticato la partita vinta clamorosamente per 3-0 sul campo della rivelazione Padova. A questo punto mi diverte rivivere una goliardata, in occasione di una trasferta, legata al medesimo torneo. Mentre la squadra in pullman stava raggiungendo lo stadio, un dirigente liberò in incognito, alla mago Silvan, un serpente (ovviamente innocuo) seminando il panico tra i giocatori e l’austero mister austriaco Karl Adamek, che non gradì affatto.

Tornando all’abbonamento venuto a galla dopo oltre dodici lustri, il senatore Turani fin che rimase in vita mi fece recapitare puntualmente le successive tessere con lettera di accompagnamento intestata al «portafortuna Arturo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA