«Senza tampone non si rientra al lavoro»
Ats Bergamo: potenzieremo i laboratori

La Regione lo chiede per chi è in malattia e vuole tornare al lavoro. Ma la potenzialità attuale è di soli 350 test al giorno, del tutto insufficiente.

Trecentocinquanta. Sono i tamponi giornalieri che attualmente Ats è in grado di garantire. Pochi di loro, ancora meno considerando l’emergenza in corso, persino peggio alla luce della circolare che Regione Lombardia ha inviato alle Ats contenente indicazioni sul «percorso per la riammissione in collettività lavorativa». In estrema sintesi, senza tampone negativo non si torna a lavorare. Ma tra il dire e il fare mancano perlomeno i tamponi. Tema oggetto del confronto (a distanza, ovviamente) tra Ats, medici di base, Confindustria e Ordine dei medici.

«Il numero di tamponi attuale non basta assolutamente a soddisfare le prescrizioni» commenta Guido Marinoni, presidente dell’Ordine, che definisce «interlocutorio» il primo confronto. Che però ha messo subito a fuoco il problema. fresco di giornata, considerando che la circolare regionale è datata mercoledì 15.

«Ma sono fuori gli asintomatici»

Due le fattispecie prese in esame: pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio e in isolamento domiciliare fiduciario. Fermo restando che i medici al momento della visita devono indicare la diagnosi, compresa l’ipotesi di «sindrome influenzale con sospetto di coronavirus». Non specificamente trattata dalla circolare, però.

Nel primo caso «dopo 14 giorni di clinica silente (assenza di febbre da tre giorni e meno di 22 atti respiratori al minuto) e 2 tamponi entrambi negativi a distanza di 24 ore si dichiara chiusa la quarantena obbligatoria». E si può tornare al lavoro.

Nel secondo caso la situazione è più complessa, come spiega Mirko Tassinari, segretario della Fimmg Bergamo, la federazione dei medici di medicina generale: «La direttiva si riferisce ai lavoratori dipendenti attualmente a casa in malattia». Sono fuori «gli asintomatici. Faccio l’esempio del coniuge di una persona ricoverata con il coronavirus. Trascorsi i 14 giorni di osservazione, se non sviluppa la malattia può tornare al lavoro». Senza tampone. Così come «non rientrano nella casistica quelli che erano malati ma sono già tornati al lavoro».

Torniamo al malato: alla scadenza dei giorni assegnati dal medico «se la sintomatologia è scomparsa si continua una sorta di malattia, in un modo che l’Inps deve ancora regolamentare, per un periodo di minimo 14 giorni». E se necessario fino a 21 o meglio 28 giorni, recita la circolare regionale. Ma restiamo sui 14: «A quel punto l’Ats dovrà prevedere una procedura che consenta a noi medici di richiedere l’esecuzione del tampone. Se sarà negativo può tornare al lavoro, diversamente rientra nella casistica dell’isolamento domiciliare obbligatorio». Chiaro che «se Ats può fare solo 350 tamponi al giorno la cosa si fa lunga». Senza contare che questo iter si riferisce ai lavoratori dipendenti «ma ci sono anche quelli autonomi, altro problema da affrontare».

Confindustria e la sicurezza

«La situazione è sicuramente complessa, ma ci attrezzeremo nei prossimi giorni per fare fronte a questa indicazione» spiega Massimo Giupponi, direttore generale dell’Ats. Che conferma: «I nostri laboratori possono attualmente processare 350 tamponi al giorno: è evidente che per poter arrivare alla quantità di produzione richiesta bisogna attivare laboratori aggiuntivi o trovarne di più performanti».

«Facciamo conto di riuscire a far partire sia la rete dei laboratori per i test anticorpali che un potenziamento importante di quelli per i tamponi: stiamo facendo gli approfondimenti del caso». Con un punto fermo: senza l’esito del tampone o di test anticorpale negativo non si torna a lavorare. Tutto nell’ambito dei 14 giorni indicati dalla circolare più quelli eventualmente necessari all’effettuazione dell’esame: «Il termine di osservazione di 28 è, come dire, un’indicazione di politica sanitaria» conclude Giupponi.

Da Confindustria «massima priorità alla sicurezza e alla salute, quella ci interessa prima di ogni cosa» spiega il direttore generale, Paolo Piantoni. «La direzione è quella giusta e la condividiamo: vero che le attuali possibilità di Ats di fare tamponi sono limitate, ma ci è stato assicurato che saranno incrementate in modo importante».

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