Tragedia di Ubiale, parla l’indagato
«Ho seguito Bara ma era troppo veloce»

Dal pm il carpentiere 54enne indagato per la morte del giovane. Ribadita la versione iniziale: con me non c’era nessuno a inseguirlo.

«Mi sono fermato al cimitero e sono tornato indietro perché lui era 25 metri avanti, irraggiungibile. Nessuno che lo inseguiva con me, ero solo. Non ho lanciato le scarpe nel burrone, le ho scalciate per stizza». Non è andato oltre il cimitero, non ha visto gli altri due presunti inseguitori, non ha rincorso Bara fino al punto in cui si è gettato, non si è sporto a guardare. Non ha saputo della morte di Bara Thiam, precipitato in un dirupo a Ubiale Clanezzo il 22 luglio scorso e morto sul colpo con l’ osso del collo spezzato, fino al giorno dopo, informato dai carabinieri che si erano presentati alla festa per cercare chi avesse inseguito la sera prima il 20 enne senegalese.

Il 54enne, carpentiere di Ubiale, indagato per omicidio preterintenzionale nella drammatica vicenda della morte di Bara (con lui, in concorso, sono accusati anche i fidanzati lei 25 anni di Alzano, e lui 35 anni di Sedrina), non ha cambiato di una virgola la versione già fornita ai carabinieri, un mese e mezzo fa, come persona informata sui fatti. Quasi tre ore d’interrogatorio serrato, ieri mattina in procura, assistito dall’ avvocato Eugenio Sarai e accompagnato da uno dei figli, per ribadire e puntualizzare al pm Fabio Pelosi, titolare dell’ inchiesta, quanto già sostenuto davanti agli investigatori. Secondo l’ accusa, quella sera C. B. avrebbe prima preso a calci l’ auto nella quale Bara si era rifugiato, poi l’ avrebbe inseguito, per un certo tratto di strada insieme con gli altri due indagati, fino alla decisione fatale di Bara di scavalcare il guardrail e gettarsi nel dirupo. A sostegno dell’ ipotesi le testimonianze degli amici di Bara e di tre ragazzi che collocherebbero i due fidanzati e «un cinquantenne» con i capelli bianchi e una camicia di flanella sulla strada e sull’ orlo del burrone dal quale Bara si è lanciato.

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