Tumori professionali a Bergamo
Sono oltre 300 ogni anno

Nella nostra provincia ogni anno si registrano circa 6.500 casi di tumore maligno e, di questi, una percentuale fra il 4 ed il 5 % è attribuibile alle esposizioni professionali.

Spesso si sente utilizzare il termine «cancerogeno» non comprendendo appieno la portata del suo significato, che secondo una corretta interpretazione, identifica le capacità di un agente di indurre patologie tumorali.

Forse la più tristemente nota fra tali patologie, per la sua casistica quasi esclusivamente legata alla attività lavorativa dei soggetti malati, è il mesotelioma: un tumore che nasce dalle cellule del mesotelio, cioè lo strato di cellule che riveste le cavità sierose del corpo, associato soprattutto all’esposizione alle polveri contenenti fibre d’amianto. Solo nella Bergamasca se ne hanno mediamente 38 nuovi casi ogni anno, riconosciuti a tutti gli effetti come «tumori professionali», perchè nella loro genesi l’attività lavorativa ha agito come causa o concausa. E nel leggere questi dati va considerato che i tumori professionali sono in realtà fortemente sottostimati per una svariata serie di motivi. In primo luogo sono clinicamente indistinguibili rispetto alle neoplasie tradizionali dovute ad altre cause, anche perchè il lasso di tempo che intercorre tra l’inizio dell’esposizione e la sua concreta manifestazione clinica può essere anche molto lungo, di svariati anni. Spesso, inoltre, non è facile dettagliare in modo approfondito la storia lavorativa dell’individuo, sia a causa della difficoltà di identificare le sostanze e l’intensità dell’esposizione a cui il soggetto è stato sottoposto sia a causa della scarsa conoscenza degli effetti sullo stesso delle altre sostanze con cui è venuto a contatto durante la sua esperienza di vita.

Comunque, a tutt’oggi, gli strumenti a disposizione del medico per attribuire al tumore un’origine professionale sono ancora prevalentemente legati all’accurata analisi della storia lavorativa dell’individuo, seppur tenendo in considerazione anche una serie di altri fattori determinanti. È facile intuire la complessità di queste indagini, che devono sempre validare i dati raccolti rispetto alla letteratura scientifica e verificare la compatibilità delle ipotesi avanzate con l’analisi rigorosa e obiettiva dei tempi, dei luoghi e delle altre cause in grado di concorrere all’insorgere della malattia, come le caratteristiche fisiche proprie dell’individuo, la predisposizione genetica e le abbitudini di vita.

Di fronte ad un tale quadro, risulta fondamentale il lavoro quotidiano dell’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo con i propri esperti del Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, all’interno del Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria. Il loro compito non si limita a verificare il rispetto delle condizioni lavorative previste delle direttive nazionali e comunitarie, ma il loro impegno è costante nell’assicurare la massima salvaguardia dei lavoratori rispetto all’esposizione anche a potenziali sostanze cancerogene.

Diversi gli strumenti in campo: la formazione, par un consapevole approccio ai possibili rischi della propria mansione, la massima riduzione del contatto con sostanze potenzialmente pericolose, la garanzia di tutela della protezione individuale, grazie a visite mediche regolari unite ad un’accurata sorveglianza sanitaria.

© RIPRODUZIONE RISERVATA