Una vita dedicata al volontariato
Leonida Pozzi: anche io fui salvato

È un anniversario speciale quello del 29 luglio per Leonida Pozzi, 82 anni, vicepresidente vicario dell’Aido regionale, una vita intera dedicata al volontariato e all’impegno civile.

: «È il giorno in cui vent’anni fa ho ricevuto un fegato nuovo, con un intervento di trapianto durato quasi venti ore, e sono nato una seconda volta».È il regalo più grande che potesse ricevere: «Non esiste – scrive Erri De Luca – un livello più alto della parola dono: da vita a vita». Leonida ha espresso gratitudine a modo suo: «Ho cercato di restituire agli altri – racconta – il bene che ho ottenuto», senza sprecare un solo momento, conducendo una vita molto intensa.

La sua avventura con l’Aido è iniziata trentanove anni fa, quasi per caso, seguendo un’invincibile inclinazione per la solidarietà: «Allora, nel 1979, ero un funzionario dello stabilimento Philco di Ponte San Pietro, e non sapevo nulla di questa associazione, ancora agli inizi. Il presidente della sezione locale, Romolo Semperboni, mi aveva contattato perché stava organizzando una lotteria e mi aveva chiesto un televisore per poterlo mettere in palio».

Leonida Pozzi però non si è limitato a fornire quanto richiesto: si è iscritto al gruppo mettendoci coraggio, intraprendenza e spirito d’iniziativa. «Poco tempo dopo sono diventato presidente della sezione. Nel 1980 ho conosciuto Giorgio Brumat, il fondatore, poi sono entrato nel Consiglio provinciale e nell’81 ho organizzato uno dei primi corsi per i quadri associativi periferici sul trapianto al Policlinico di Ponte San Pietro, con i migliori specialisti di trapiantologia». Tra gli aspetti che Pozzi ha subito apprezzato dell’associazione, c’è la sobrietà: «L’Aido lavora con spirito francescano, non abbiamo grandi capitali, ci auto sosteniamo con il tesseramento. Le risorse ci servono per realizzare azioni di sensibilizzazione e per diffondere la cultura del dono. Stiamo preparando anche in questo momento un nuovo progetto per le scuole di ogni ordine e grado, convinti che bisogna cominciare da piccoli a coltivare la solidarietà e l’attenzione alla sofferenza».

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