Fra qualche anno capiremo
questa grande bellezza

Non s’è ancora spenta l’eco della festa per l’ingresso diretto alla fase a gironi dell’Europa League. E difficilmente si spegnerà. Noi bergamaschi siamo brace, lo dice anche un noto proverbio dialettale. Restiamo accesi sotto la cenere, figuriamoci davanti all’esplosione di vita e di gioventù di questa Atalanta dei record e delle meraviglie (per i risultati e per la qualità del gioco espresso). Il campionato che si è chiuso ieri lascerà il segno a lungo.

Perché è stato il più bello nella storia della società nerazzurra. E questo resterà scolpito nelle statistiche e si tramanderà nei racconti da una generazione all’altra. Ma anche perché ha rafforzato, ed esteso, il senso di appartenenza alla bandiera calcistica. Lo hanno detto l’afflusso di spettatori allo stadio e la partecipazione alle trasferte, lo ha detto l’attenzione crescente anche da parte di chi abitualmente non mangia pane e Atalanta e si è invece scoperto ammiratore delle gesta della squadra, lasciandosi coinvolgere dall’entusiasmo dilagante.

Se usciamo dai confini bergamaschi rileviamo l’evidente effetto simpatia che la provinciale al tavolo delle grandi ha sortito anche stavolta, forse più che in passato, in virtù dell’alto livello dell’organizzazione nerazzurra e delle prospettive che lascia intravedere. Grazie alla competenza e al coraggio di Gasperini il raccolto è stato straordinario, ma il terreno era fertile e la semina buona. Si trattava di valorizzare il lavoro avviato da anni dal club. Un raccolto che è a sua volta semina per soddisfazioni future. Mentre crescono i sostenitori. I bambini di oggi sono rapiti dalla forza e dall’allegria del Papu e dei suoi compagni.

Domani saranno tifosi convinti di un’Atalanta che ha rubato occhi alle big, Milan e Inter in primis. E magari anche alla Juve (ma qui capite che è una bella guerra). È fisiologico: squadra che vince piace. Eccome. Quando il Milan di Berlusconi spopolava, allevava nidiate sterminate di diavoletti. Chi scrive – per raccontarvi un aneddoto – a nove anni si era innamorato delle prodezze di Gigi Riva e andava in cortile a giocare con una maglietta artigianale su cui mamma aveva cucito lo stemma dei quattro mori (comprare quella vera costava troppo e non era facile da trovare nel 1970). Rombo di tuono è rimasto nel cuore. Fra qualche anno capiremo l’importanza di questa Atalanta.

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