Le terre di cascine in Lombardia
Pagine bergamasche di Roncalli

Alla riscoperta di quel mondo quasi scomparso, ora che le macchine hanno preso il sopravvento sull’uomo e anche l’agricoltura è diventata industria, va «Le terre delle cascine a Milano e in Lombardia. Viaggio nella storia, nell’arte e nel paesaggio» (Edizioni Celip), un bel volume a cura di Roberta Cordani presentato alla Società del Giardino di Milano. Gli autori, fra i quali il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli, ricuciono i fili di una storia antica, quella di una terra fertile, coltivata da sempre, da prima ancora dell’arrivo dei Longobardi, quando già si era cominciato a spianare i boschi per ritagliare campi nella grande pianura alluvionale.

Pagina dopo pagina le fotografie raccontano un paesaggio fatto di fiumi, polle, canali, marcite, risaie, campi e case, anzi «cassine», un paesaggio disegnato anche da architetti come Leonardo attraverso sistemi di canali e di chiuse che servivano a irrigimentare le acque. La vita in cascina è storia d’altri tempi, ma la Lombardia, una delle regioni più industrializzate d’Europa, resta la regione agricola più importante del Vecchio Continente e Milano è il secondo comune agricolo d’Italia per numero d’imprese, con un decimo della sua superficie coltivata.

E le cascine punteggiano ancora oggi il paesaggio, a volte ruderi dimenticati tra i campi, altre ristrutturate e fiere. A quelle della Bergamasca fotografate da Thomas Magni dedica un capitolo il giornalista e scrittore Emanuele Roncalli, che spiega come molte delle più antiche si siano sviluppate nel Quattro-Cinquecento intorno a strutture medievali, ex monasteri e torri di guardia, come la Cascina Monache a Treviglio o la Cascina Papini di Cisano, sorta a ridosso di una guarnigione che vigilava sulla strada romana che portava da Bergamo all’Adda: erano tempi di continue guerre e la gente preferiva convivere in strutture fortificate per difendersi più facilmente. Attorno al castello del Colleoni a Malpaga la campagna è punteggiata di cascine, ognuna con un nome di donna, Ursina, Isotta, Medea, Dorotina, Cassandra, tutte figlie del condottiero al servizio della Serenissima.

Roncalli è anche autore di un altro capitolo su una cascina resa celebre dal cinema, quella che Ermanno Olmi scelse per l’Albero degli zoccoli. Il regista ci capitò per caso, una sera di nebbia, una nebbia così fitta da poterla tagliare con il coltello. Si era perso girando in auto nella Bassa in cerca di una location per il suo film e aveva imboccato un viottolo che finiva davanti a un cancello. Era l’ingresso di una cascina abbandonata: Olmi ebbe un tuffo al cuore e decise che lì avrebbe girato l’Albero degli zoccoli. Oggi la cascina Roggia Sale – così si chiamava – non è più la stessa: sono state abbattute le stalle e il muro di cinta, la casa è stata ricostruita e, a poca distanza, sono sorti capannoni per l’allevamento dei polli.

L’Ottocento segnò l’inizio della fine. Con la crisi dell’economia agricola le filande presero il sopravvento e nelle cascine si fece posto all’allevamento dei bachi da seta, finché il Novecento spazzò via anche questo per far spazio alle industrie. Molte cascine sono state distrutte, altre sono state trasformate in aziende meccanizzate per l’agricoltura intensiva. Sopravvivono a poca distanza dai centri urbani, ultimi baluardi dell’antico rapporto tra l’uomo e la natura.

Autori Vari - Le terre delle cascine a Milano e in Lombardia. Viaggio nella storia, nell’arte e nel paesaggio - A cura di Roberta Cordani - Edizioni Celip - 370 pagine - 110 €

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