Moreschi e le carte geografiche:
quando l'Italia disegnava il mondo

In apertura delle «Giornate europee del patrimonio», il socio accademico Emilio Moreschi, imprenditore e collezionista d'arte, presidente della Sesaab-L'Eco di Bergamo, ha parlato di «Quando l'Italia rappresentava il mondo: cartografi e cartografia del Rinascimento».

In apertura delle «Giornate europee del patrimonio», all'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo, il socio accademico Emilio Moreschi, imprenditore, esperto e collezionista d'arte, presidente della Sesaab-L'Eco di Bergamo, ha parlato di «Quando l'Italia rappresentava il mondo: cartografi e cartografia del Rinascimento».

Questo, come spiega Moreschi, è l'assunto: «Fra la metà del Quattrocento e la metà del Cinquecento, l'Italia è punto di eccellenza, faro del sapere in campo geografico e cartografico. Un sapere che gravita attorno a tre centri che si succedono nel tempo. Il primo è Firenze, con Francesco Rosselli, il primo cartografo di cui rimangono documenti importanti. I primi atlanti sono stampati proprio a Firenze, che resta, in certa misura, il centro della conoscenza. Poi l'attività editoriale si sposta a Roma, ove opera Antoine Lafrery, italianizzato in Lafreri, editore e mercante di stampe, da cui le carte cosiddette lafreriane. Infine a Venezia, con Giacomo Gastaldi, il cartografo di maggior rilievo del Cinquecento. Ma si mantengono comunque relazioni molto strette fra i vari centri. Con la peste che, a Venezia, nel 1575, si porta via un terzo della popolazione, il primato in campo cartografico si trasferisce in Germania e Olanda».

Diverse, secondo Moreschi, le cause di questa preminenza: «Un certo benessere economico, contatti con molti Paesi del mondo, dovuti in primo luogo alle banche e ai commerci, una grande apertura, un ambiente culturalmente felice, fertile, eccezionale. Tolomeo viene tradotto, riscoperto, riportato al mondo occidentale a Firenze, agli inizi del Quattrocento. Le prime edizioni si stampano in Italia. Questo dà un vantaggio e, insieme, cambia il modo di considerare la geografia. È Tolomeo che impone, con i meridiani e i paralleli, una base matematica alla cartografia. Le carte precedenti erano solo delle linee in cui erano segnate le strade, gli itinerari: servivano per i viaggi, i pellegrinaggi».

Ancora: «Parecchi dei grandi navigatori-esploratori, che molto hanno contato per l'elaborazione delle nuove carte, sono italiani. In Italia c'è, in quel periodo, una serie di conoscenze di carattere geografico e una grande esperienza del navigare. Solo che, non essendo uno stato unitario, non c'era la forza per finanziare spedizioni di tale livello. Così i grandi navigatori italiani finiscono per navigare sotto altre bandiere, Paesi che sono già stati nazionali. Colombo per la Spagna, Vespucci per Spagna e Portogallo, Caboto per l'Inghilterra, Verrazzano per la Francia».

Bergamaschi? «Personaggi importanti nel campo della cartografia non ne conosciamo. Le prime rappresentazioni cartografiche della Bergamasca, Valli Brembana e Seriana, le fa, come noto, Leonardo da Vinci. Poi arrivano dei veneti, come il Sorte, che nel 1560 stende la carta del territorio bergamasco, poi esposta nel Palazzo del Maggior Consiglio, oggi al Museo Bernareggi».

Pregi artistici? «Alcune carte sono molto belle». La carta del mondo del Rosselli, per esempio, quella scelta per la locandina dell'incontro, 1506-1508, è «la prima carta moderna del mondo a stampa. La prima che ha i meridiani e i paralleli. Costituisce la base che sarà poi seguita dai cartografi per moltissimo tempo. Francesco Rosselli è miniatore, pittore, incisore. Prima aveva fatto dei codici manoscritti. Nascendo nelle botteghe fiorentine, imparavano a fare tutto. Sono personaggi molto eclettici».

Lafreri, ancora, «stampa a Roma il primo atlante. Si chiamano atlanti perché recavano l'immagine di Atlante. I primi, però, erano composizioni di fogli staccati, raccolte di carte geografiche sparse, di diversi formati. Non uscivano con l'idea di fare un libro». Ogni esemplare, quindi, era un unicum, diverso da tutti gli altri, fatto d'una raccolta di carte sparse. «Sono rarissimi, con l'uso si rovinavano, si distruggevano. Ne sono sopravvissute poche copie al mondo. Una è alla Biblioteca Civica. Il primo che fa un atlante come libro, con fogli uguali e carte geografiche tutte uguali, rielaborando quelle lafreriane, è Ortelio, che, nel 1570, stampa il primo atlante moderno».

Da dove nasce questa passione? «Non lo so, ognuno di noi nasce con qualche grano di pazzia, e lo esercita. Ho cominciato a comperare carte perché mi piacciono i documenti antichi; le carte geografiche, quelle molto semplici, quando ero giovane si riuscivano a comprare con pochi soldi. Da lì poi si continua».

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