Khawam, il blues che unisce
Bergamo e l'America

Un chitarrista bergamasco, Giorgio Khawam, alla testa del suo trio incontra un famoso cantante americano, Arthur Miles, e un tastierista di talento come Roberto Bellan: ne esce un album dal vivo di classici del blues, del rhythm and blues, del soul e del rock.

Finalmente un disco di Giorgio Khawam. È uno dei chitarristi più talentuosi di Bergamo, mancava all'appello. E, ora che ha rotto il ghiaccio, spinge il motore dei suoi progetti avanti tutta: in questi giorni ha pubblicato un live, tra maggio e giugno uscirà un cd in studio al quale sta lavorando dall'anno scorso e che sarà il suo vero biglietto da visita sugli scaffali della musica, poi si proporrà in un duo di ballate acustiche (alla Eric Bibb e Dave Bronze) con l'inseparabile bassista Gianmario Longaretti, non prima di aver licenziato un disco soul alla Barry White con il vocalist americano Arthur Miles, uno che ha cantato col mondo intero (Josè Feliciano e Gloria Gaynor per buttar lì due nomi a caso...) e che, stabilitosi in Italia (prima a Torino, oggi a Orsenigo, in provincia di Como), ha collaborato con Paolo Conte, Loredana Bertè, Pierangelo Bertoli, Renzo Arbore e soprattutto e frequentemente con Zucchero. Proprio con la voce nera di Indianapolis (che respirò blues e jazz a Los Angeles grazie al famoso zio chitarrista Wes Montgomery) il chitarrista bergamasco ha registrato l'album dal vivo “Arthur Miles & Giorgio Khawam band”, un mix di blues, soul, r&b e rock anni 60/70. Abitualmente chiama il suo gruppo trio, con gli affiatati Longaretti e il batterista bresciano Maurizio Fogazzi («è un onore suonare con loro», esclama Khawam nel presentarli durante i concerti), ma in questo caso diventa band perché alla formazione si aggiunge, oltre a Miles, il Brian Auger di Brescia, nientemeno che Roberto Bellan, tastierista coi fiocchi, musicista di lungo corso sulla tolda di un prezioso Hammond C3 del 1956.

La registrazione – in presa diretta, il 3 luglio scorso alla Notte delle chitarre di San Gervasio Bresciano – privilegia il volume dell'organo quasi conferendo a Bellan il ruolo di capitano dello spettacolo, quando invece la realtà della serata ha distribuito più equamente i primi piani. Un concerto che naviga tra Blind Willie Reynolds (“Outside woman blues”, l'unico brano cantato da Khawam), lo stesso Miles (“Gotta go”, “Get outta my life woman”, “Whiskey headed woman”), grandi classici di Ben E. King (“Stand by me”), Otis Redding (“Dock of the bay”) e Willie Dixon (“Hoochie coochie man”), affonda mani e ugole nel lontano 1929 per rendere omaggio a un capostipite come Robert Johnson (“Sweet home Chicago”), rivisita Mack Rice (“Mustang Sally”) e Paul Butterfield (“Born in Chicago”) e si chiude, come piace a Khawam, con la splendida ballata hendrixiana “Little wing”.

L'impronta blues è forte, perché le note del diavolo scorrono nelle vene del giovane Khawam (32 anni, una curiosità, un'intelligenza e una cultura musicale non comuni per uno della sua età) fin da quando era bambino e il nonno materno Abdon Gandolfi, che era di Parma (il papà Salem è invece un farmacista arrivato in Italia dalla città siriana di Aleppo), gli faceva ascoltare i vinili dei mostri sacri. «Mi ha iniziato lui alla musica – racconta Giorgio che, per inciso, è anche un apprezzato maestro di arti marziali, già campione europeo e azzurro di wushu kung fu –. A 5 anni mi commuovevo fino alle lacrime sentendo B.B. King e Louis Armstrong. Poi, crescendo, è stata una ricerca continua che mi ha portato a spaziare nei generi».

La prima chitarra durante il servizio militare, a 19 anni, l'amore per Eric Clapton, Freddy King, Albert King, Muddy Waters, Mark Knopfler e David Gilmour, la gavetta rock in diversi gruppi locali, gli studi con il jazzista Franco Cerri a Milano e con un percussionista del calibro di Vittorio Panza, l'incontro decisivo – propiziato dal giornalista e percussionista Diego Ancordi – con Longaretti nel 2009 («la mia svolta musicale è tutta merito di Gianmario e della sua grande esperienza, della sua capacità, la sua conoscenza, il suo gusto»), un asso della ritmica che da del tu all'universo dei musicisti blues in circolazione ma che esprime il meglio di sè nel funky e ha fatto da spalla a B.B. King e James Brown: in pillole è la strada che ha portato alla ribalta Khawam, non solo un bravo chitarrista, dalla spiccata sensibilità interpretativa, ma un frontman non privo di carisma e capace di interagire col pubblico grazie a un'innata carica di simpatia.

Nel maggio scorso eravamo agli Ultra Sound Records di Belgioioso (Pavia), dove Khawam, Longaretti e Fogazzi hanno iniziato a registrare l'album in studio oggi in fase di rifinitura: con loro un ospite di lusso, l'armonicista blues Giancarlo Crea, uno che ha respirato Chicago a pieni polmoni e custodisce nella memoria una galleria di personaggi da film. Prova e riprova un pezzo, Giorgio si fa scrupolo di mettere a dura prova la pazienza di Crea. Ma il vecchio lupo, che potrebbe essere suo padre e di solito non spreca le parole, gli sorride: «Non preoccuparti Giorgio, è un piacere accompagnarti. Poi decidi tu quando scegliere, possiamo andare avanti fino a stasera...». Sabato 11 febbraio a Vinilmania, la fiera internazionale del disco e del cd che si tiene al Parco esposizioni di Novegro, vicino all'aeroporto di Linate, il trio di Khawam ha fatto ancora centro mettendo il giusto pepe alla scaletta degli eventi collaterali della manifestazione. A volte le belle scoperte sono dietro l'angolo di casa, basta essere un po' attenti.

Andrea Benigni

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