Edoomark: il lavoro non è solo sacrificio
Elogio del saper fare festa

Sembra un provocazione ma in un tempo di consumismo esasperato ha ancora senso festeggiare? Lo abbiamo chiesto a due imprenditori che credono nel valore di ritrovarsi con i dipendenti.

Natale, Capodanno, l’Epifania… Un tempo caratterizzato da un denominatore comune: la festa. Fare festa, celebrare la felicità, creare occasioni di allegria, gioia, compagnia. Un tema antico quanto il mondo, mantenuto nel passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale, anche se oggi non è così scontato.

«Viviamo un tempo di consumismo esasperato – afferma Angelo Agnelli, figlio di Baldassare, dell’omonima azienda che lavora l’alluminio da decenni – alle feste è difficile dare valore. Pensiamo a quelle di matrimonio: una volta erano attese, ora essere invitati è spesso avvertito come un’incombenza, se non un fastidio».

In azienda avete rinunciato alle tradizionali cene con i dipendenti?

«No. Tuttavia cerchiamo di evitare la ripetitività, il farlo per abitudine. Siamo convinti che esse siano importanti se riescono a coinvolgere, se sono inserite in un disegno complessivo di attenzione, se alla fine di tutto risultano un’esperienza».

Qualche esempio concreto?

«Una sera, ogni luglio, il cortile interno dell’azienda diventa una piazza, con una festa aperta a dipendenti, famigliari, amici. Non una cena convenzionale, più un happening, vissuto con molta libertà, senza obblighi. È un appuntamento a cui tiene in particolar modo mio padre. Ogni due anni invece, a ottobre, sempre in azienda, organizziamo un’altra festa ancor più partecipata, una sorta di factory party, a cui partecipano quasi mille persone, clienti compresi. Quest’anno ad esempio per una notte intera abbiamo trasformato lo spazio aziendale in una riproduzione dello Studio 54, la famosa discoteca di New York, con tanto di street food e musiche anni Settanta».

A questi eventi i dipendenti vengono tutti?

«Vengono in molti, non tutti. Capita pure che a non partecipare siano i collaboratori più zelanti, quelli che non si fanno problemi a fermarsi al lavoro un’ora in più, se serve, ma per carattere o attitudini non sono patiti delle feste. Come dicevo, c’è grande libertà e nessuna imposizione, poiché la festa o è spontanea o non è festa, dunque il cerchio si chiude».

Un’altra realtà che si distingue per la capacità di «fare festa» in azienda è la Sangalli Spa, leader a livello nazionale per la progettazione e realizzazione di lavori stradali, opere urbanistiche e segnaletica stradale. «Senza alcun dubbio la Sangalli Summer Fest, che si svolge il primo venerdì di luglio, rappresenta lo spirito autentico della nostra azienda: quando c’è da lavorare si lavora ma quando c’è da festeggiare ci si diverte – spiega l’ad Marco Sangalli - Ogni anno cambiamo tema e viene allestito un vero villaggio della festa, con tanto di abiti in stile e cena di prodotti tipici».

I dipendenti sono coinvolti nelle decisioni o sono meri esecutori e partecipanti?

«L’anno scorso, per il quarantesimo aziendale, abbiamo lasciato letteralmente carta bianca a tutti, raccogliendo più di cinquanta proposte e scegliendo le più votate. Una volta decisi gli eventi cerchiamo di svelare meno dettagli possibili, in modo da conservare l’effetto sorpresa».

Sul luogo di lavoro i momenti di festa, di svago, sono tempo perso o tempo guadagnato?

«Direi che il termine giusto sia «tempo investito», perché i momenti di svago sono fondamentali. Vedete, buona parte del tempo che si passa con i colleghi di lavoro si è concentrati nell’affrontare situazioni e problemi lavorativi con ritmi sostenuti e non si ha neppure il tempo per conoscerci meglio. Inserire dei momenti di svago e di festa durante l’anno è un modo per allentare le tensioni, per fare gruppo e per condividere qualche ora in allegria».

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