La domenica del Bepi
«Cantavo a Messa, ora mi riposo»

È domenica. Il Bepi forse sta ancora dormendo, ha suonato in giro la sera prima. Tiziano Incani invece risponde al telefono. «La domenica per me non ha una grande importanza come giorno strategico in cui finalmente fare quello che non hai potuto fare gli altri giorni.

È domenica. Il Bepi forse sta ancora dormendo, ha suonato in giro la sera prima. Tiziano Incani invece risponde al telefono, con la voce fonda del mattino appena spuntato. «La domenica per me non ha una grande importanza come giorno strategico in cui finalmente fare quello che non hai potuto fare gli altri giorni. Sono più vincolato dagli impegni degli altri, dalle persone con le quali mi voglio rapportare. Loro lavorano durante la settimana e magari certe cose le possono fare solo nel giorno di festa. Io mi adatto. In buona sostanza a me nessuno impedisce di fare le cose il martedì. La domenica è il giorno libero degli altri. Chi fa musica ha tempi un po’ diversi».

Del resto per un musicista il fine settimana non è necessariamente di riposo, anzi. «Una volta era così, ora la situazione è cambiata. A parte questo week end che ho lavorato, non c’è più questa logica. Le date non sono tante. Il mio lavoro è spalmato anche su campi non prettamente artistico-musicali: essendo io una piccola ditta individuale, mi faccio anche da segretario, da manager, magazziniere, autista. Sono più questi gli impegni che mi assorbono, piuttosto che quelli strettamente legati allo show. Semmai dipende dai periodi dell’anno. D’estate si suona di più, allora non c’è differenza tra la domenica e il giorno feriale».

Ammesso che ci sia, com’è una domenica tipo del Bepi? «L’incontro con la famiglia è sempre previsto. Mio padre non c’è più, c’è solo la mamma. Se posso evitare di lasciarla sola preferisco, ma questo vale anche per gli altri giorni. Sono adulto e vaccinato, se devo stare fuori casa un giorno o due, non ci sono problemi, però mi dispiace far pranzare mia madre da sola. Intendiamoci, non è quell«’essere mammoni all’italica maniera. So che lei è più contenta se siamo in due, se ha modo di far da mangiare con un senso. Se è sola mangia un panino e finita lì. Anche oggi torno. Mi fa piacere».

Ora che il Bepi ha preso il sopravvento su Tiziano, la musica è diventata una professione a 360°. Prima le cose andavano un po’ diversamente. «La domenica l’ho sempre vissuta come il mese di agosto che si porta dietro lo spettro di quel che arriva dopo. Quando ero giovane il giorno festivo mi annunciava lo spettro del lunedì. Quella che doveva essere la giornata più agognata, dedicata al riposo, mi veniva puntualmente rovinata dal pensiero del giorno successivo. È la sensazione di vacanza alla fine, col giorno dopo che incalza. L’ho anche scritto in una canzone che ho composto prima del Bepi, s’intitola “Il gregge”, dice: “Sabato sera, col lunedì che abbaia dietro alla ringhiera”. Racconta la foga di sfruttare al massimo tutti i momenti del fine settimana, già masticando il gusto amaro della sveglia del mattino che ti riporta nella routine. Lo so: è il modo migliore per rovinarsi le cose, ma credo si un atteggiamento ampiamente condiviso. In fondo la domenica è pervasa proprio da quella malinconia di fondo. Il sabato ha la fibrillazione del “tanto domani è domenica”».

Quando Tiziano era piccolo la cultura cattolica si faceva sentire. Almeno la Messa della domenica era un obbligo. Non sono cresciuto in una famiglia molto osservante, ma ho fatto tutto il percorso classico dei bambini. I miei tenevano molto che non fossi un emarginato: nella mia vita ci sono stati l’oratorio e il catechismo. Non sono mica pentito: alla fine è tutta cultura, da usare come meglio credi. L’oratorio male non mi ha fatto, anzi». La musica si è incuneata nella vita di Tiziano piuttosto presto. «A 11 anni sono entrato nel coro di Rovetta sull’onda della ragione cattolico-sociale dell’oratorio. E col coro sono arrivati gli impegni legati alle festività religiose e alla domenica. La Messa delle dieci era cantata e questo mi costringeva ad alzarmi relativamente presto. Quando sei più grandicello e cominci a far tardi la sera, la sveglia è un problema. Vai a letto alle cinque, canti alle dieci, non è il massimo, ma fai delle scelte. Ho un ricordo affettuoso della presenza forte della religione nella mia vita. Quando ero piccoletto, però, il catechismo contribuiva a darmi un’idea malinconica della domenica. Mi vengono in mente quei pomeriggi grigi, rivedo noi ragazzetti, con le giacche a vento, mentre giochiamo e la suora viene a chiamarci per il catechismo. Un’immagine agrodolce». C’è un’altra cosa che entra presto nella vita di Tiziano: il calcio. «Adesso è una presenza più marginale, ma quando ero piccolo il rito di “Tutto il calcio minuto per minuto” e poi “90° minuto” era legge. Sono cresciuto malato di calcio. Mi piaceva lo spettacolo del pallone. Se c’era qualcosa che mi dava fibrillazione pari a quella del sabato, era proprio l’idea di vedere i goal. La domenica era un giorno legato ai goal».

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