Venditti, album di famiglia
Creberg gremito e plaudente

Comincia piano, Antonello Venditti. Solo, sul palco, con il pianoforte e tante parole. «’70/’80…ritorno al futuro» non evoca lo spirito del film di Zemeckis, semmai apre uno sguardo vergine su come eravamo, su quel che abbiamo sentito, su quel che ci siamo persi strada facendo.

Comincia piano, Antonello Venditti. Solo, sul palco, con il pianoforte e tante parole. «’70/’80…ritorno al futuro» non evoca lo spirito del film di Zemeckis, semmai apre uno sguardo vergine su come eravamo, su quel che abbiamo sentito, su quel che ci siamo persi strada facendo.

Questo concerto senza dischi da promuovere è una bella antologia di sentimenti, di storie, personaggi. Un lungo racconto in venticinque canzoni, la somma di quanto Venditti ha lasciato nel cuore degli italiani dagli anni Settanta in poi.

Impegno e illusioni

É il viaggio di un ragazzo grassottello verso la magrezza dei tempi, da «Sora Rosa» a un mondo che è ancora pieno di ladri. Innanzi a un Creberg Teatro zeppo e plaudente, Venditti sceglie di raccontarsi attraverso le sue canzoni migliori, quelle di un’epoca precisa, fatta di impegno, illusioni e disillusioni. Entra nel cuore delle canzoni, ne racconta i retroscena, rileggendo la sua biografia. Non c’è amarcord, nostalgia, semmai la lucidità dello sguardo.

«Mio padre ha un buco in gola», «Roma capoccia», immortale. Un accenno va «A Cristo», memoria di un brano antimilitarista che nel 1974 aveva creato qualche guaio. È il tempo di «Campo de’ fiori», piazza di musica e incontro. Il percorso segue la cronologia con una certa libertà. Antonello sfoglia l’album di famiglia, ricorda «Compagni di scuola», «Le cose della vita», la storia disperata di «Lilly», emblema di una stagione anche drammatica.

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