Dagli Usa all’Italia, i legami
in una «storia borghese»

La luce di Firenze che illumina le strade e gli occhi del giovane Andrew, che ferma la bellezza della città con la sua macchina fotografica. Costanza che vive in bilico e che si crede in vacanza quando in verità fugge da New York e da un doloroso lutto. E infine Henry, il padre di Andrew, uomo colto, un medico che dovrà rivedere i conti con la propria vita e le proprie convinzioni. Henry dovrà aprirsi nuovamente su un terreno, quello del gioco amoroso, che è però il medesimo del rischio di una relazione nuova provando a ritrovare se stesso senza più celare i dolori del passato sotto la patina del suo carisma.

Dopo il memoir «I formidabili Frank», Michael Frank torna ad indagare con «Quello che manca» (Einaudi, 368 pagine, 20 euro) i legami e le relazioni amorose, ora sempre più pronte a giocarsi le proprie occasioni su terreni nuovi e spesso scivolosi che la famiglia non può più contenere, ma in ogni caso accogliere o respingere a seconda di quanto i suoi componenti siano di volta in volta in grado di riconoscersi nuovamente al suo interno dilatandolo. Tradotto al solito splendidamente da Federica Aceto, vera e propria voce italiana di Michael Frank, «Quello che manca», oltre che essere il primo vero romanzo dello scrittore e saggista newyorchese (amante dell’Italia tanto da vivere per lunghi periodi all’anno in Liguria), è un testo sulla riconoscibilità, meglio ancora sulla capacità di aprirsi alla diversità e all’imprevisto che si pone di fronte ai suoi protagonisti in luoghi sconosciuti, come succede a Firenze, o resi di volta in volta inediti da nuovi incontri, come avviene al ritorno dei tre protagonisti in una New York da vivere con occhi nuovi.

Frank, con lingua morbida e a tratti estremamente seducente, dà così forma a quella che un tempo si sarebbe definita «una storia borghese», ma che oggi assume i contorni tipici della porosità sociale del nostro tempo dove tutto è a portata di mano e quindi tutto spesso ritorna sotto forme diverse: luoghi, sentimenti, amori. Le mancanze prendono così corpo come immagini mancate, come forme passate non più riproducibili. Il sentimento di mancanza diviene così un desiderio di futuro che per forza di cose produce novità e differenza. Se all’inizio il racconto ha i toni dolenti che risalgono dalle pagine come fumi di passati abbandoni, nel suo incedere si illumina di una luce che se a tratti spaventa apre nuove possibilità. «Quello che manca» è un libro scritto in un tempo pessimista che non prevede un futuro dato, ma se lo augura fortemente. 

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