Il Simenon romanziere
indaga la natura umana

C’è una linea di confine che separa i romanzi di Georges Simenon: da una parte ci sono quelli che hanno per protagonista Maigret, che hanno il profumo dolce della provincia francese d’antan, nonostante l’inevitabile morto e l’omicida da scovare; dall’altra quelli senza commissario e senza assassino, ma popolati da un’umanità dolente che sa di Zola o di Balzac, storie amare che pescano a piene mani nell’infelicità, nel dolore, nelle pieghe sporche dell’anima.

Per Simenon le avventure di Maigret erano quelle che gli avevano dato la fama, come per Camilleri i suoi Montalbano, mentre i «romanzi duri», come sono stati definiti, rappresentavano per lui l’aspirazione - rimasta sempre frustrata da parte della critica - a entrare nell’olimpo dei grandi.

«Marie la strabica» appartiene appunto a questo secondo filone avviato nel 1931 con «La locanda d’Alsazia». Era stato tradotto in Italia da Mondadori nel 1963 per poi sparire dai cataloghi. Lo ha riportato sugli scaffali Adelphi, che da metà anni ’80 ha ripreso a pubblicare i romanzi dello scrittore belga.

È la storia di due ragazze partite da Rochefort per guadagnarsi da vivere come cameriere in una pensione di Fouras durante l’estate. Sylvie è bella, procace, ha gli occhi del padrone sempre addosso e anche quelli di Louis, il figlio ritardato di una governante che per lei finirà suicida. Marie ha gli occhi storti, un fisico tozzo, le trecce tristi, l’invidia per l’amica sempre in tasca. Da bambine Sylvie le ripeteva: «Quando sarò ricca ti prenderò come cameriera, e ogni mattina mi pettinerai». Dopo la morte di Louis, di cui sente addosso tutta la responsabilità, Sylvie è spaurita e il cinismo di Marie è come il coltello girato nella piaga. Ma alla fine della stagione la situazione si ribalta: è lei che trascina l’amica a Parigi, trova alloggio per entrambe in Place des Vosges, ha da subito un lavoro come segretaria. Sylvie punta in alto e persegue il suo obiettivo senza scrupoli, Marie gira come un gatto impaurito nelle strade della capitale e si sente rinascere solo quando riesce ad acciambellarsi nel calore di una locanda dove si guadagna il pane servendo ai tavoli. Trova perfino, insperatamente, un innamorato. Ma Sylvie glielo porterà via.

Quando, molti anni dopo, le due donne si ritrovano, Sylvie vive in un appartamento lussuoso, Marie fa la badante a un povero vecchio. Stavolta è la ricca signora ad avere disperatamente bisogno dell’aiuto dell’amica. In un continuo ribaltamento di ruoli Simenon pennella formidabili ritratti psicologici insinuando nel lettore la consapevolezza della dualità della natura umana. 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA