Sui binari del treno
una galleria di varia umanità

Prima che l’alta velocità togliesse ai treni (a qualcuno, almeno) l’etichetta di mezzi «lenti», gli scompartimenti densi di umanità diventavano un ricettacolo di storie, e quindi, da sempre, irresistibile fonte d’ispirazione per gli scrittori.

Prima che l’alta velocità togliesse ai treni (a qualcuno, almeno) l’etichetta di mezzi «lenti», gli scompartimenti densi di umanità diventavano un ricettacolo di storie, e quindi, da sempre, irresistibile fonte d’ispirazione per gli scrittori.

In «Scompartimento n. 6» di Rosa Liksom (Iperborea) siamo in viaggio lungo la Transiberiana diretti a Ulan Bator, in Mongolia, negli anni ’80. Una timida studentessa finlandese e un violento proletario russo si ritrovano seduti per caso nello stesso scompartimento. Entrambi, in modi diversi, fanno i conti con il tramonto dell’Urss: lui vede finire un sogno, lei è oppressa dal ricordo di un fidanzato moscovita che per non combattere in Afghanistan si è finto pazzo e poi è impazzito davvero in manicomio.

Con un esplicito richiamo a Cechov, che risuona nel finale «A Mosca! A Mosca!». «Treni strettamente sorvegliati» di Hrabal Bohumil (E/o) pubblicato in Italia nel 1982 e di ritorno ora nella preziosa «Collana praghese», ci riporta in Cecoslovacchia, in una piccola stazione di provincia, durante l’occupazione nazista. Nel 1966 ne fu tratto un film che vinse l’Oscar. È la storia intrigante e malinconica di formazione del giovane ferroviere Milos, una sorta di Charlot boemo.

Infine, è un racconto di viaggio ma anche una galleria appassionante di vicende umane «L’Italia in seconda classe» di Paolo Rumiz (Feltrinelli) con i disegni di Altan, un viaggio di 7.480 chilometri (come appunto la Transiberiana dagli Urali a Vladivostok) attraverso l’Italia.

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