«Caro Papy, quando rientri dall’ospedale
ti sentiamo singhiozzare tra le lenzuola»

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Una mamma (infermiera) condivide con noi una lettera che le due figlie scrivono per il loro papà (medico). Ci rende partecipi di uno spaccato di vita, fresco e genuino, che diventa una ricchezza di sentimenti per tutti.

Volevo rendervi partecipi dell’emozione che ho provato nel leggere questa lettera scritta dalle nostre ragazze. Mio marito è medico ed io sono infermiera. Perchè non dobbiamo mai dimenticarci che nei loro silenzi ci leggono nel cuore.

Mamma Simona

Ciao papy

Ciao papy, sì da noi al Nord, a Bergamo si dice cosi’...

Siamo qui a pensare cosa potrebbe piacerti per la festa del papà... Il tuo compleanno è passato da poco, e non hai voluto festeggiare perchè non era “il momento” e mentre lo dicevi leggevo la tua preoccupazione sul tuo volto.

Abbiamo 15 e 14 anni e dici sempre che siamo grandi, mature, ma ci sai dire quale è l’età giusta per sopportare la sofferenza che vediamo sui volti di te e mamma? Cosa pensate? Che non vi abbiamo visto o sentito mentre parlavate, confabulavate di nascosto? Quando avete deciso che dovevate aiutare fino in fondo ed avete firmato la “Manifestazione di interesse”...?

Sì, ci avete chiamato nello studio..., ce lo avete comunicato... Va be’, che sarà mai, è il loro lavoro...

Eh no, ora la conosco, fin troppo bene purtroppo. So che parti il pomeriggio, mamma ti saluta e ti dice che ti è vicina, che ti ama. Sai, lei passa la notte in piedi aspettandoti, la sento per casa, ci rimbocca le coperte e si avvicina per sentire il nostro respiro per darci un bacio...(Shh..., non dirle che mi piace...). Come se stessi partendo per la guerra. Che esagerati... Parlate di trincea, di morti... Non capisco fino in fondo.

E poi passa la notte e ti vedo quando rientri, ti osservo mentre stanco ti siedi a bere il caffè con mamma.

Guardo il tuo volto, leggo la tua sofferenza, sento il tuo dolore. So che non è solo stanchezza fisica... Eh già papy, dai, ammettiamolo, non sei più tanto giovane..., fosse solo questo.

Caro papy, ti chiedo scusa perchè non riesco a sostenere il tuo sguardo triste e ancor meno le tue lacrime.

Anche se quando smonti dal turno ti avvolgi nelle coperte ti sento quando tra le lenzuola singhiozzi continuando a dire «poverini...» e lo so che ti lasci andare tra le braccia di mamma quando pensi che non ti vediamo. Dicci papy, cosa possiamo fare per alleviarti questo dolore? Ti prego aiutaci, non riusciamo più a sopportare i tuoi occhi tristi e il tuo volto stanco e preoccupato.

Vorremmo regalarti un pizzico di serenità e dirti che «andrà tutto bene...», ma vorremmo che anche tu ci credessi e non facessi un mezzo sorriso solo per non farci preoccupare...

Vorremmo prendere questo masso che ti preme sul cuore e lanciarlo, lanciarlo il più lontano possibile.

Dicci come fare, ti prego!

Ci dici sempre di scrivere, che la penna aiuta a riordinare le idee ed i sentimenti ed ora la penna non si ferma... Sentimenti ed emozioni spingono per finire su questo pezzo di carta.

Per ora riusciamo solo a dirti che sei il nostro idolo e come ti abbiamo detto l’anno scorso: «Seguiamo le tue orme...». Camminiamo con te ma stringici forte la mano.Tu sei la nostra vita, la nostra forza.

E dal profondo del cuore dobbiamo dirtelo:

Papy, mola mia!

Ti vogliamo bene
O e R

Le immagini

IN REPARTO.
Rita Pullara ci invia dall’ospedale di Alzano i disegni presenti nel reparto di Medicina. «Dopo tanta fati- ca ed in solitudine - scrive - vogliamo salutare la nostra popolazione di cui da sempre siamo parte integrante. Questo è il nostro albero della pace: un abbraccio virtuale ed incoraggiamento a tutti. In fondo, oltre alla firma di al- cuni di noi, abbiamo impresso il nostro pollice di tanti co- lori, come fiori di una nascente primavera per tutti noi».

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