Il calazio oculare, ecco come riconoscerlo e come curarlo

OCULISTICA. In Italia non ci sono dati precisi su quante persone ne soffrano, ma negli ambulatori oculistici non è raro incontrarlo.

Il calazio, il cui nome deriva dal greco khalazion e significa «piccolo chicco di grandine», è una piccola protuberanza che compare sulla palpebra. Si forma quando una delle minuscole ghiandole che producono la parte oleosa delle nostre lacrime – le ghiandole di Meibomio – si blocca e non riesce più a liberare il suo contenuto. Questo «ingorgo» fa accumulare il materiale all’interno, provocando gonfiore e infiammazione. In Italia non ci sono dati precisi su quante persone ne soffrano, ma negli ambulatori oculistici non è raro incontrarlo, soprattutto negli adulti tra i 30 e i 50 anni. Spesso compare in chi ha già problemi come infiammazioni delle palpebre (blefarite), rosacea, pelle grassa, squilibri ormonali o digestivi, e in periodi di forte stress.

«Progredisce nel tempo»

«Il disturbo progredisce nel tempo – dichiara il dottor Davide Allegrini, specialista del Centro Oculistico Humanitas Castelli - si presenta come un nodulo indolore o lievemente fastidioso, accompagnato da arrossamento, gonfiore, lacrimazione o senso di corpo estraneo. Se voluminoso, può indebolire la qualità visiva o causare astigmatismo indotto per compressione corneale. Diversamente dall’orzaiolo, che compare rapidamente ed è doloroso, il calazio evolve in modo più lento e profondo». La diagnosi è clinica, basata sull’osservazione oculistica, senza necessità di esami strumentali; in rari casi recidivanti o sospetti, si approfondisce per escludere condizioni più gravi come tumori palpebrali.

Il trattamento

Il trattamento iniziale è conservativo: impacchi caldo-umidi da 10 a 15 minuti, tre-quattro volte al giorno, insieme a leggere manipolazioni per agevolare lo svuotamento delle ghiandole. In presenza di infiammazione o infezione associata, vengono prescritti colliri o pomate antibiotiche e cortisoniche; in casi selezionati, è possibile un’iniezione intralesionale di corticosteroide per ridurre l’attecchimento del granuloma. Se persiste oltre alcune settimane o cresce molto, si considera un intervento chirurgico ambulatoriale.

«Intervenire tempestivamente»

Aggiunge il dottor Allegrini: «Gli impacchi e l’igiene palpebrale sono la base del trattamento; modifichiamo la terapia farmacologica in base alla risposta del paziente. Solo in casi persistenti valutiamo infiltrazioni o chirurgia in day-hospital, con una piccola incisione interna che evita cicatrici”. Molti calazi si risolvono spontaneamente in alcune settimane o mesi. Tuttavia, intervenire tempestivamente favorisce una guarigione più rapida e limita le recidive. Nel trattamento, comunque, l’attenzione all’igiene oculare, la corretta applicazione domestica degli impacchi e la visita specialistica regolare restano strumenti fondamentali per tutelare la salute delle palpebre e del film lacrimale.

«Un follow-up oculistico continuativo è fondamentale - conclude Davode Allegrini - poiché il calazio può recidivare. L’educazione del paziente alla gestione precoce, inoltre, può sicuramente ridurre complicanze e tempi di guarigione».

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