Tumore al seno sempre più curabile
La diagnosi precoce può salvare vite

Oggi esistono spazi terapeutici anche per casi complessi di donne metastatiche.

La patologia oncologica della mammella riveste sempre più importanza non solo dal punto di visto clinico ma anche dal punto di vista sociale, perché coinvolge donne sempre più giovani, nel pieno della loro vita, lavoratrici, mamme. La prevenzione è quindi sempre fondamentale per individuare la malattia nella sua fase iniziale così da poter garantire un’ampia possibilità di guarigione.

Ne parliamo con Massimo Grassi, responsabile della Senologia e Breast Unit di Humanitas Gavazzeni e Castelli.

Dottor Grassi, aumentano le guarigioni ma aumentano anche i casi di tumore al seno.

«È vero, ogni anno c’è un aumento dell’incidenza di nuovi casi in Italia e nel mondo. Nel 2019 ci sono stati circa 57.000 nuovi casi in Italia ma c’è anche un aumento della curabilità della malattia che corrisponde a una progressiva riduzione della mortalità. Parliamo oggi di un 90-95% di sopravvivenza quando si interviene con una diagnosi precoce che permette di avere un’ampia possibilità di terapie e trattamenti sempre più personalizzati».

La differenza la fa la prevenzione. A che età è bene fare una prima visita senologica?

«Non c’è più età per questa malattia. Una grossa fetta di pazienti hanno una età inferiore ai 40/42 anni, ma può anche capitare di contrarre il tumore a 100 anni. Oggi una ragazza di 20 anni, oltre alla visita ginecologica, non può esimersi dal fare anche una visita senologica. Purtroppo non è così infrequente trovare un tumore al seno anche sotto i 30 anni».

Quali sono i segnali a cui bisogna prestare attenzione?

«Il riscontro di un nodulo, che ciascuna donna può rilevare, ad esempio, con l’autopalpazione delle mammelle: le caratteristiche che lo rendono sospetto sono la durezza, i margini molto irregolari, a volte poco definibile nel contesto della ghiandola mammaria, noduli poco mobili, secrezioni ematiche, simil ematiche o ad acqua di roccia. Questi segnali vanno portati all’attenzione del medico di famiglia e poi dello specialista».

Quale è il percorso che segue lo specialista per fare diagnosi?

«Se nella visita clinica si riscontra una tumefazione sospetta, gli esami indispensabili sono la mammografia e l’ecografia; se si conferma il sospetto, si procede con ulteriori accertamenti come l’agobiopsia e, in alcuni casi, la Risonanza Magnetica mammaria».

Quando conta la multidisciplinarietà per affrontare questa malattia?

«Moltissimo, oggi non è possibile affrontare la neoplasia mammaria in modo sporadico. La Breast Unit è la risposta, vale a dire una realtà composta da più unità operative che, in modo interdisciplinare, affrontano e risolvono nel modo migliore ogni problema che il percorso di malattia mammaria presenta, con un reale e dimostrato beneficio per ogni paziente. Interessati alla cura di un tumore al seno infatti non sono solo i senologi, ma anche oncologi, specialisti di anatomia patologica e chirurgia plastica, fisiatri, psicologi, radiologi, radioterapisti, medici nucleari, genetisti, breast care nurse, data manager».

Esistono spazi di cura per le donne metastatiche?

«Assolutamente sì. Oggi una donna metastatica, colei che per una seconda volta, a distanza di tempo, reincontra la malattia, ha di fronte un’ampia possibilità di trattamenti. Ci sono infatti farmaci che stanno dando risultati entusiasmanti e anche la chirurgia metastatica che una volta, qualche decina di anni fa, non era considerata, oggi è un aspetto che viene preso in considerazione in alcune situazioni, ben studiate, dopo il trattamento medico necessario».

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