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Quando il corpo non drena più: cos’è il linfedema e perché va trattato con un approccio multidisciplinare

Spesso sottovalutato colpisce centinaia di migliaia di persone anche in Italia. L’intervento precoce dei fisioterapisti, all’interno di un’équipe multidisciplinare, può migliorare concretamente la qualità della vita

C’è una branca della medicina che, nonostante le sue profonde implicazioni cliniche, rimane spesso ai margini della comunicazione sanitaria: la linfologia. Al centro di questa disciplina c’è il linfedema, una patologia cronica e invalidante che colpisce il sistema linfatico, alterandone la capacità di drenare correttamente la linfa. Si manifesta con un accumulo anomalo nei tessuti, che provoca gonfiore, senso di pesantezza, dolore e, nei casi più avanzati, ispessimento e fibrosi tissutale. Può essere primario, quando deriva da un’anomalia congenita dei vasi linfatici, oppure secondario, cioè conseguenza di traumi, interventi chirurgici, radioterapia o infezioni.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità i casi nel mondo sono oltre 300 milioni, equamente divisi tra forme primarie e secondarie. In Italia si stimano almeno 450.000 pazienti. Nonostante questi numeri, il linfedema è ancora poco conosciuto e spesso sottovalutato. «La malattia colpisce frequentemente donne operate al seno, pazienti oncologici sottoposti a linfadenectomia, ma anche persone con predisposizioni genetiche o problematiche vascolari – sottolinea Virna Facheris, fisioterapista specializzata in linfologia, consigliere e RPCT dell’Ordine dei Fisioterapisti di Bergamo –. L’esordio può avvenire anche decenni dopo l’evento scatenante».

Il ruolo del fisioterapista nella diagnosi e nella terapia

Dopo una attenta valutazione medico-clinica, utile anche per escludere edemi sistemici o patologie quali insufficienza venosa e lipedema, l’esame gold standard per la diagnosi è la linfoscintigrafia. Si utilizzano anche risonanza magnetica, TAC, linfografia o ecografia.
«Una volta accertata la patologia, il trattamento più efficace resta quello fisico-riabilitativo, affidato alla competenza dei fisioterapisti specializzati in linfologia – prosegue Facheris –. Il percorso prende il nome di fisioterapia decongestiva complessa e si basa su un insieme coordinato di interventi: linfodrenaggio manuale, bendaggio elastocompressivo, esercizi attivi con il bendaggio e cura della pelle. Possono essere integrati anche altri strumenti terapeutici, come la respirazione diaframmatica, gli ultrasuoni, le onde d’urto o la pressoterapia. È importante sottolineare che l’efficacia dipende dalla sinergia tra le tecniche: la monoterapia, ovvero l’uso di un solo approccio, è da evitare. Solo una visione complessiva e integrata garantisce risultati duraturi».

Una presa in carico globale del paziente

La complessità della patologia impone un approccio multidisciplinare. La presa in carico del paziente richiede la collaborazione di diverse figure: medico angiologo, fisiatra, fisioterapista, infermiere, nutrizionista, tecnico ortopedico, medico di base, caregiver e, se possibile, anche uno psicologo. Terminato il trattamento decongestivo e raggiunta una riduzione dell’edema, il tecnico ortopedico realizza un indumento elastico su misura, da indossare durante il giorno. In Lombardia, questi ausili sono erogati gratuitamente dal Servizio Sanitario Regionale a partire dal 2025.

Normative e diritti: a che punto siamo

Negli ultimi anni, la normativa ha compiuto passi importanti. Le linee guida ministeriali del 2016 hanno definito i percorsi riabilitativi; il DPCM del 2017 ha inserito i linfedemi primari tra le patologie rare, con relativo accesso ai LEA; infine, una circolare INPS del 2018 ha invitato le commissioni mediche a prestare maggiore attenzione nella valutazione dell’invalidità civile. Riconoscere e trattare precocemente la patologia migliora non solo la qualità della vita dei pazienti, ma consente anche un importante risparmio in termini di costi assistenziali e previdenziali.
L’Ordine dei Fisioterapisti di Bergamo sottolinea l’importanza di una corretta informazione. Il linfedema non è un semplice problema estetico, ma una vera e propria malattia cronica che va affrontata con serietà, competenza e una rete strutturata di professionisti. Solo così si può offrire alle persone una possibilità concreta di cura e di autonomia.

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