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Lunedì 10 Novembre 2025
Gengive sane, salute migliore: il filo nascosto della parodontite
Un’infiammazione cronica in bocca non resta locale. Diagnosi, igiene guidata, terapie e mantenimento: il percorso indicato dal dottor Riccardo Bonacina per ridurre il rischio sistemico
La malattia parodontale è subdola: spesso non dà dolore né segnali clamorosi e per questo viene sottovalutata. Nel frattempo l’infiammazione cronicizza e i danni si vedono dopo anni. È una cattiva notizia? Non necessariamente: proprio perché l’evoluzione è lenta, c’è tempo per intervenire con diagnosi e terapie mirate.
«La parodontite non riguarda solo i denti: è un’infezione cronica che può pesare sul benessere dell’intero organismo» spiega il dottor Riccardo Bonacina, odontoiatra specialista in chirurgia orale e patologia orale, con oltre 30 anni di esperienza ospedaliera, e titolare dello Studio Odontoiatrico Bonacina. «Il nostro compito è intercettarla presto, inquadrare il rischio individuale e impostare percorsi di cura e mantenimento sostenibili nel tempo».
La patologia nasce dal biofilm batterico: i batteri della placca scatenano un’infiammazione locale, la gengivite. «Se trascurata, la risposta infiammatoria diventa più profonda e parliamo di parodontite» chiarisce il dottor Bonacina. «La parodontite crea un danno ai tessuti di supporto dei denti (osso e legamento) che subiscono una progressiva distruzione, minandone la stabilità e la sopravvivenza dei denti stessi».
Bocca e cuore: il ponte dell’infiammazione
Non è solo una questione di salute orale. La parodontite è un’infezione che nel tempo può agire da cofattore di rischio per patologie sistemiche. «I microrganismi delle tasche parodontali, come Porphyromonas gingivalis e Aggregatibacter actinomycetemcomitans, possono invadere i tessuti ed entrare nel circolo sanguigno» osserva Bonacina. «Questo mantiene attiva una condizione infiammatoria sistemica: nei quadri severi di parodontite vediamo, ad esempio, livelli più elevati di proteina C-reattiva (PCR), un marcatore associato al rischio cardiovascolare» (Sanz et al., Journal of Clinical Periodontology, 2020).
Tradotto: l’infiammazione cronica parodontale si somma ai fattori di rischio «classici» (fumo, ipercolesterolemia, ipertensione). Le ricerche più recenti parlano di una relazione bidirezionale: chi ha una parodontite non trattata ha maggiori probabilità di sviluppare ipertensione e problemi cardiaci; chi è cardiopatico è più predisposto a gengive infiammate. Un’analisi ha inoltre indicato che un trattamento intensivo della parodontite può rallentare l’ispessimento delle carotidi, segnale precoce di rischio vascolare (Tonetti et al., European Heart Journal, 2025).
Oltre il cuore: lo spartito comune dell’infiammazione
Allargando lo sguardo oltre la bocca emergono nessi meno intuitivi ma logici: l’infezione parodontale non trattata alimenta un’infiammazione di basso grado che coinvolge tutto l’organismo. Questa attivazione infiammatoria continua non giova ai vasi e, nel tempo, può pesare su altre condizioni di salute: controllo della glicemia nel diabete, equilibrio della gravidanza, fragilità dell’apparato respiratorio in anziani o ricoverati e funzionalità renale nei pazienti con nefropatia. In sintesi: curare le gengive e il parodonto aiuta anche il resto dell’organismo.
«Nel diabete, l’infiammazione parodontale rende più difficile il controllo della glicemia; al contrario, una glicemia mal controllata riduce le difese, rallenta la guarigione e favorisce l’infezione batterica parodontale» spiega il dott. Bonacina (Chapple et al., Diabetologia, 2018). «In gravidanza, segnali infiammatori provenienti dal parodonto possono interferire con equilibri materno-fetali delicati: per questo consigliamo prevenzione e richiami già in fase preconcezionale e durante i nove mesi» (Ide & Papapanou, Periodontology 2000, 2021).
Per l’apparato respiratorio, il cavo orale può comportarsi da «serbatoio»: in persone fragili o ricoverate la microaspirazione notturna di batteri orali aumenta il rischio di polmoniti (Isac et al., Journal of Periodontal Research, 2023). Nella malattia renale cronica, dove esiste già uno stato infiammatorio di base, la parodontite aggiunge ulteriore carico e può peggiorare gli esiti cardio-renali (Isac et al., 2023). «La bocca non è un compartimento stagno: curare il parodonto significa togliere spinta a processi infiammatori che, col tempo, parlano con tutto il resto dell’organismo» conclude Bonacina.
Prevenzione, diagnosi e cura
La prima tappa è la diagnosi: «Raccogliamo un’anamnesi completa (patologie, terapie, abitudini), valutiamo cavo orale, mucose ed elementi dentari» spiega il dottor Bonacina. «Il cardine è il sondaggio parodontale, con la misurazione della profondità delle tasche, la registrazione del sanguinamento e degli indici di placca: sono dati indispensabili per capire gravità e rischio individuale».
Da qui si pianifica la terapia. «Si parte dal controllo del biofilm: istruzione e motivazione all’igiene domiciliare personalizzata. È una pietra fondamentale, perché senza una buona igiene quotidiana ogni intervento professionale perde efficacia» prosegue il dottore. «In studio eseguiamo la rimozione del biofilm e del tartaro sopra e sottogengivale; quando necessario, interveniamo con chirurgia parodontale mirata su settori specifici».
Il percorso si completa con il mantenimento. «È fondamentale programmare richiami personalizzati e cadenzati di igiene professionale, affiancati dalla rivalutazione dei parametri clinici, così da intervenire tempestivamente in caso di recidive» conclude il dottore. «È una sinergia: igiene quotidiana del paziente e trattamenti professionali lavorano insieme. Così riduciamo l’infiammazione locale e, nel tempo, contribuiamo ad abbassare anche il carico infiammatorio sistemico».
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