Incendi e siccità
I moniti dell’estate

L’Italia brucia, la Costa Azzurra brucia, il Portogallo brucia. I fiumi sono in secca. Si parla di razionamenti dell’acqua. Si boccheggia sotto il solleone. Lo scenario dell’estate di quest’anno evoca sempre più suggestioni letterarie da «La terra desolata» di T. S. Eliot, la città infernale dove, con il passare del tempo, l’uomo si trova sempre peggio. Oppure lo scenario postapocalittico di «La strada» di Cormac McCarthy. La carenza di acqua riguarda più della metà dell’Italia: sono dieci le regioni che hanno già chiesto o intendono chiedere lo stato di calamità naturale. Mancano le risorse idriche per i campi e per gli allevamenti di bestiame: secondo Coldiretti, i danni dovuti alla siccità ammontano a circa due miliardi di euro

Il lago di Garda è appena al 34,4 per cento del riempimento del volume, mentre il Po, al Ponte della Becca a Pavia, è a circa 3,5 metri sotto lo zero idrometrico. Anche le portate irrigue derivate dai fiumi Serio, Brembo e Cherio risultano in progressiva e allarmante diminuzione. Il lago d’Iseo è 25 centimetri sotto la media del periodo.

Si studiano le contromisure. Per l’irrigazione, per bagnare i campi senza dispersione esiste il sistema «a goccia», nato in Israele già a metà del secolo scorso, capace di far risparmiare dal 40 al 70 per cento di acqua. Per le perdite nelle reti idriche, il gruppo Hera, in Emilia Romagna, garantisce che, grazie all’uso del satellite, che scova i buchi nelle tubature interrate, soltanto nel 2015 è riuscito a recuperare 1.500 milioni di litri d’acqua. Oggi in Italia la media dell’acqua sprecata si attesta attorno al 35 per cento, con quote oltre il 50 a Roma, nel Sud e nelle Isole. Si riesce a trattenere soltanto l’11 per cento degli oltre tre miliardi di acqua piovana che ogni anno cade sul nostro Paese. C’è un piano, non ancora applicato, che permetterebbe di realizzare 218 nuovi invasi in tutta Italia; costa circa tre miliardi di euro, ma il non averlo applicato ha già arrecato cinque miliardi di danni all’agricoltura. Anche la Regione Lombardia sta progettando di usare le cave dismesse come riserve contro la siccità. Il riutilizzo dell’acqua depurata per l’agricoltura, poi, secondo Legambiente, potrebbe abbattere anche della metà i prelievi dagli acquedotti e gli scarichi. Oltre dieci milioni di italiani non possono ancora disporre di un servizio di depurazione, così che le acque sporche sono scaricate direttamente nei fiumi e nei mari, con conseguenti danni ambientali e ulteriori sprechi.

Com’è stato osservato, la siccità può diventare, però, anche l’occasione, non banale, per riprendere in mano la nostra vita e le decisioni che la riguardano, richiamandoci alla sobrietà e alla rinuncia al superfluo. La siccità ci insegna che non è un diritto acquisito per sempre aprire un rubinetto e veder scendere l’acqua, così come potersi concedere una doccia, in particolare dopo una giornata di calura. Se la società dell’opulenza per troppo tempo ci ha viziato con ogni genere di beni, oggi si può tornare alla capacità di godere con poco, alla semplicità che ci permette di fermarci a gustare le piccole cose e a ringraziare delle possibilità che offre la vita, senza avvinghiarci a ciò che abbiamo, né rattristarci per ciò che non possediamo. La siccità può offrire l’opportunità per una critica dei miti del progresso indefinito e del consumismo e – come scrive Papa Francesco nella «Laudato si’» – «per recuperare i diversi livelli dell’equilibrio ecologico: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio». E per educarci «ad una austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente». «Se i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi, la crisi ecologica – avverte il Papa – è un appello a una profonda conversione interiore».

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