A 16 anni a Miami per fare il pilota, dieci anni dopo è istruttore di volo

La storia. Riccardo Maletta, nato ad Alzano, vive in Florida. Insegna in una scuola ed è ormai vicino alla laurea. «I jet privati sono il mio sogno: qui mi sento a casa».

«Penso di aver avuto la passione e l’interesse per il volo sin da quando ero molto piccolo, ma ho deciso definitivamente che sarebbe diventato il mio lavoro in seconda media quando è arrivato il momento di scegliere l’indirizzo per la scuola superiore e l’unica cosa che sapevo di voler fare era entrare nel mondo dell’aviazione». Riccardo Maletta, classe 1997, nato e cresciuto ad Alzano Lombardo, racconta così come è decollato il volo che lo ha portato dritto negli Stati Uniti, dove vive, studia e lavora da ormai 10 anni nel campo dell’aviazione e aeronautica. «Ho frequentato l’Istituto tecnico aeronautico A. Locatelli di Bergamo per quasi 3 anni, poi sono partito per la Florida e ho fatto il quarto anno a distanza con l’Istituto tecnico aeronautico A. Ferrarin di Gallarate. Sono tornato in Italia nel 2015 per finire il quinto anno e ho fatto così la maturità nel 2016, diplomandomi in Trasporti e Logistica del mezzo aereo».

Ora Riccardo è iscritto e frequenta l’università Embry Riddle Aeronautical University e conseguirà la laurea nel 2023 in Scienze aeronautiche e Aviation management. «La prima volta sono partito a 16 anni, nel 2013. Da lì è stato un avanti e indietro abbastanza costante, soprattutto per la questione visti e immigrazione che negli Stati Uniti è complicata. Ho studiato per due anni circa per ottenere tutte le licenze da pilota commerciale, più quelle da istruttore. Adesso lavoro in una scuola di volo, Wayman Aviation Academy, a Miami da quasi quattro anni come istruttore di volo e l’ultimo anno sono stato promosso a uno dei manager delle operazioni della scuola». Certo, per Riccardo ambientarsi non è stato facile inizialmente.

Negli Usa a 16 anni

«Sono partito con un gruppo di circa 30 studenti dall’Italia, poi man mano la maggior parte ha deciso di tornare. Un mio amico e io invece abbiamo deciso di rimanere qua. Ambientarsi è stato abbastanza difficile e complicato, essendo un sedicenne così lontano da casa in un Paese completamente nuovo e diverso ha portato le sue difficoltà. Con il tempo però mi sono abituato e adesso sono completamente a mio agio, anzi dopo quasi 10 anni sono più a mio agio a vivere qua che in Italia. Ho una fidanzata che ho conosciuto qua, Andrea, e un’ottima cerchia di 6-7 amici stretti, tra cui alcuni italiani, con cui mi vedo spesso, magari durante la settimana per un aperitivo o cena o nel weekend quando siamo tutti un po’ più liberi dal lavoro».

Oggi quindi Riccardo ha trovato la propria dimensione. «Ci sono tantissime differenze tra gli Stati Uniti e l’Italia. Sono due paesi completamente diversi. La mentalità in generale delle persone qua è molto più aperta: essendoci persone da tutto il mondo ci si abitua più facilmente alle differenze tra una cultura e l’altra e diventano normali. Il sistema bancario è anche diverso. Carte di credito e prestiti, per esempio, sono molto più facili da ottenere e c’è tutto un business che ci gira attorno e che determina la qualità di vita delle persone. Il costo della vita è in generale più alto, ma in proporzione con stipendi base più alti. I piccoli business di famiglia praticamente non esistono qua. È tutto molto incentrato su un livello più di corporazioni e aziende-catene medio-grandi. Posizioni e offerte di lavoro sono ovunque, cartelli con scritto “hiring” (“assumiamo”) sono stampati in ogni negozio, ristorante o attività. La retribuzione e le promozioni sul lavoro sono più basate sul merito invece che per l’anzianità. A meno che si va in cittadine molto piccole, gli Stati Uniti e in particolare Miami, sono un grande mix di persone da tutto il mondo, di conseguenza non c’è una vera e propria cultura unica e cambia molto in base a quale etnicità è più presente in una specifica zona».

Il relax sulle Mura

L’Italia e Bergamo, però, mancano. «Come prima cosa ovviamente mi mancano i miei genitori e il resto della famiglia. Dell’Italia in particolare mi manca il paesaggio, vedere il panorama delle nostre montagne per quanto strano possa sembrare mi fa rilassare. Nonostante la città di Miami sia bellissima, il resto della Florida è tutto abbastanza piatto e diventa monotono. A volte penso che una semplice passeggiata in centro a Bergamo o sulle Mura di Città Alta non mi dispiacerebbe per niente. E infine mi mancano la cucina e i ristoranti italiani che ritengo insuperabili. Con la famiglia però mi sento ogni giorno tramite whatsapp e in videochiamata nel weekend. Di solito torno una volta all’anno, qualche volta ogni 9 mesi, mentre quest’anno sono venuti a trovarmi genitori, nonni, cugini, e un paio di vecchi amici. I miei genitori sono venuti qua diverse volte, mentre per nonni e cugini era la prima volta».

Più complicato è stato il periodo vissuto a inizio pandemia, vista la lontananza. «Il Covid-19, qua a Miami soprattutto, si è sentito relativamente poco rispetto al resto del Paese. All’inizio c’è stata molta confusione per qualche giorno su cosa stesse succedendo, seguivo i telegiornali ma era tutto molto vago e confusionario. Il nostro lockdown è durato circa tre settimane, dopodiché in un paio di mesi si è riaperto tutto di nuovo. Ovviamente l’obbligo di mascherine sia al lavoro sia nei posti pubblici è rimasto fino a fine 2020. Per il resto le restrizioni sono state non troppo severe. Molti lo hanno attribuito al clima molto caldo e umido della Florida che ha contribuito a bloccare l’intensità del virus e ad abbassare il numero di contagiati in condizioni gravi. Mentre quando sono andato per qualche giorno a Denver in Colorado nell’inverno 2020 la situazione era molto più simile all’Italia: nessuno poteva mangiare all’interno di bar e ristoranti, negozi e altre attività chiusi, coprifuoco alle 9 di sera. La mia preoccupazione in quel periodo era per i miei genitori e familiari in Italia che, come tutti lì, non se la sono passata tanto quanto “bene” purtroppo».

E il futuro? «Per il futuro voglio continuare a vivere qua, continuare la mia carriera da pilota e rimanere. Una volta laureato, l’anno prossimo, inizierò un nuovo capitolo della carriera: volerò su jet privati per una compagnia e poi da lì si vedrà. Ancora non ho deciso se in un futuro più lontano vorrò volare per compagnie aeree come United o American Airlines. Per il momento il mio obiettivo sono i jet privati. Viaggiare mi piace molto e fortunatamente il mio lavoro lo include, quindi non vedo l’ora di visitare nuovi posti, città e paesi in giro per il mondo. Negli Stati Uniti, sono riuscito a costruire il mio percorso e la mia vita da adulto negli ultimi anni, quindi per ora mi vedo sicuramente molto stabile a rimanere qua».

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