«Emigrare, un’opportunità
Ma serve una rete di aiuto»

Originario di Clusone, vive a Bruxelles. È partito con la famiglia per la Svizzera nel 1995.Imprenditore e cuore dell’Ente bergamaschi nel mondo. Trovarsi in un Paese che non si conosce, dove si parla una lingua diversa dalla tua, che ha altre usanze, magari un’altra religione e altre consuetudini culturali, può essere all’inizio un’esperienza destabilizzante. Serve tempo, poco o tanto che sia, per abituarsi alla nuova realtà e non sempre, nemmeno dopo decine di anni, ci si sente del tutto a casa. Si può però abituarsi al nuovo stile di vita, conoscere nuove persone, stringere nuovi rapporti, scoprire nuove piacevoli abitudini. In una parola intraprendere un percorso di integrazione.

Da soli è complicato ma se qualcuno che si è trovato nella tua stessa situazione prima di te ti aiuta e ti consiglia, allora il processo può essere più semplice e gratificante. «Aiutarsi – conferma Mauro Rota –, essere solidali con chi si trova o si è trovato o si troverà nella tua stessa situazione, può fare davvero la differenza».

Mauro, 63 anni, originario di Clusone, vive da ormai oltre 25 anni fuori dall’Italia, insieme alla moglie, Silvana Scandella e alla figlia Silvia, 27 anni. Nella sua lunga esperienza all’estero può dire di aver vissuto entrambe le situazioni: essere aiutato ed essere a sua volta punto di riferimento per altri. «Il mio percorso fa parte del grande percorso dell’emigrazione. Vengo da una famiglia di commercianti che si erano trasferiti dalla Valle Imagna a Clusone e devo dire che queste tendenze - lavorative e di migrazione - sono rimaste marcate nel mio dna. Infatti, prima ho cominciato a occuparmi di esportazioni, iniziando a conoscere realtà e culture diverse dalla nostra, e poi, nel 1995, mi sono trasferito all’estero per seguire mia moglie, in Svizzera, a Neuchâtel, insegnante di lingua italiana. Il trasferimento nel nuovo Paese non è stato semplice: avevamo una bimba di neppure due anni e non è stato facile districarsi tra affitti, apertura conti correnti, telefono, assicurazione medica.... All’inizio abbiamo affrontato tutto questo da soli, ma poi abbiamo scoperto varie reti di solidarietà italiana all’estero: la Missione cattolica italiana e l’Ente bergamaschi nel mondo in primis». L’Ente in particolare aveva un circolo proprio a Neuchâtel.

Da lì Mauro è entrato a far parte della grande famiglia dell’Ente bergamaschi nel mondo e non è più uscito. «Per tutti gli anni che abbiamo vissuto a Neuchâtel abbiamo collaborato in modo molto attivo e creato un certo influsso, una ventata di novità. Eravamo più giovani e con voglia di fare. E i numeri dei tesserati sono cresciuti tantissimo: in pochi anni siamo passati da 50 a 160. Parallelamente, in quel periodo, ho investito parecchie energie nell’ambito associativo italiano, dalla Missione cattolica italiana, che era punto di aggregazione per la comunità italiana a Neuchâtel, per la quale ho assunto il ruolo di presidente, al Comitato cittadino italiano del cantone. Ho gestito iniziative importanti e ho avuto quindi un percorso abbastanza impegnato sul fronte della comunità italiana, anche con un forte inserimento nel contesto svizzero. A me piace definirla interazione vissuta». Nel contempo Mauro Rota ha sempre portato avanti la sua attività imprenditoriale nel settore della ristorazione.

Trasferitosi poi a Bruxelles nel 2002, Mauro ha continuato a vivere a pieno l’ambito associativo italiano, seppur in un contesto completamente diverso. «In Belgio, dove viviamo tutt’ora, abbiamo trovato grandi differenze rispetto a dove vivevamo prima. Siamo passati da una dimensione a misura d’uomo e molto attenta alle persone, a una città di respiro internazionale in cui ho percepito un grande senso di libertà. Bruxelles è una città cosmopolita con tantissime lingue che si sentono per strada. E le realtà dei quartieri-città sono come i nostri paesi. Non è stato quindi un trauma andare a Bruxelles, ma un’escalation di positività. Anche qui, però, dopo un periodo di assestamento, l’Ente bergamaschi nel mondo, con cui ormai avevamo contatti stabili, ci ha sollecitato per aprire una realtà che a Bruxelles non c’era. Abbiamo quindi fatto un’indagine tramite l’elenco telefonico selezionando i cognomi bergamaschi e abbiamo individuato circa 500 famiglie e inviato loro una lettera d’invito. Abbiamo poi costituito il trentatreesimo circolo dell’Ente bergamaschi nel mondo, quello di Bruxelles, di cui io sono il presidente».

Mauro negli anni ha così realizzato iniziative culturali, cercando di mantenere vivo il legame con Bergamo, con gemellaggi artistici, creando flussi turistici da e per Bergamo, ha realizzato la settimana bergamasca in centro, con conferenze e molto altro e collabora sul territorio con le istituzioni locali e internazionali a livello europeo. «Collaboriamo anche moltissimo con la delegazione di Regione Lombardia qui a Bruxelles: accogliamo gruppi di alunni, scolaresche, offriamo supporto logistico per fare una sorta di soggiorno di istruzione e di approccio guidato alle istituzioni europee. E, infine, collaboriamo anche con alcune associazioni fiamminghe per creare flussi importanti e di interesse verso Bergamo» racconta elencando le attività per il momento sospese dalla pandemia ma che tutti ci auguriamo riprendano al più presto.

Il legame con la propria città natale, Clusone, e con Bergamo, resta più che mai saldo in Mauro. «A Bruxelles ho anche aperto un centro di ristoro-ritrovo, che si chiama “Bergamo in bocca”, in cui propongo non solo degustazioni di prodotti tipici bergamaschi, ma attività promozionali e linguistiche legate a Bergamo e al nostro dialetto. Da un paio di anni, poi, sono diventato anche coordinatore di tutti i circoli e delegazioni che l’Ente bergamaschi nel mondo ha nei cinque continenti. Ecco che, così, il mio percorso diventa un percorso che si intreccia nella dinamica della migrazione in senso generale».

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