Giuseppe, da Cavernago
in transatlantico
fino a New York

Da Cavernago agli Stati Uniti a bordo di una nave con la moglie e il cane Albert. I primi passi all’Apple store di Orio Center per poi trasferirsi a quello della Grande Mela. Giuseppe Gilberti, 29 anni da quattro vive e lavora negli Stati Uniti. «Consiglio a tutti di fare un’esperienza simile». Perché anche se non sarai «Quello che per primo vede l’America», l’America ti cambierà.

«Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l’America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l’aveva fatta lui l’America».

Giuseppe Gilberti, 29 anni, di Cavernago, e che da quattro vive e lavora negli Stati Uniti, non ha avuto la fortuna di essere uno di quelli descritti da Alessandro Baricco nel suo monologo, «Novecento», che la vedono per primi sulla propria nave l’America. Però, nel Nuovo Mondo è arrivato proprio così, su un transatlantico, il Queen Mary 2, e quando l’ha avvistato da lontano, è rimasto a bocca aperta. «Fin da bambino sognavo di trasferirmi a vivere negli Stati Uniti – racconta Giuseppe – e già nel 2009 avevo fatto un’esperienza di tre mesi a New York, da solo, per studiare l’inglese in una scuola americana: un’esperienza che mi ha aiutato tantissimo, anche con la lingua, e che mi ha convinto ancora di più di volermi trasferire qui. Nel 2017, poi, io e mia moglie, Sara Cozzani, che mi ha sempre supportato in questo mio sogno ed è venuta con me in questa avventura lasciando tutto, abbiamo vinto la Green Card Lottery americana (la lotteria che permette, una volta l’anno, a 50 mila fortunati in tutto il mondo di vincere la Green Card con cui puoi trasferirti negli Usa e diventare cittadino americano dopo soli cinque anni vissuti lì ndr). All’epoca lavoravo all’Apple Store di Orio Center e sono riuscito a farmi trasferire in uno degli Apple Store di New York: così siamo partiti, portandoci anche il nostro cane Albert».

Un viaggio, quello dall’Italia all’America, che lui stesso definisce da vero migrante. «Da Bergamo – spiega – siamo andati in auto fino a Southampton, dove abbiamo preso l’unico transatlantico ancora attivo per evitare che Albert finisse in stiva. Era il novembre 2017 e siamo arrivati a New York come gli antichi migranti, quelli veri. È stata un’esperienza bella, un viaggio diverso dal solito. Due giorni dopo lo sbarco stavo già lavorando nell’Apple Store a cui ero stato assegnato». Dopo 5 mesi, a inizio 2018, Giuseppe ha deciso di aprire una propria attività. «New York non ti lascia il tempo di fermarti e ti porta sempre a fare qualcosa di nuovo. Ho cambiato lavoro quasi subito: sono stato assunto come marketing specialist per un negozio online di interior design. Dopo 5 mesi dal mio arrivo ho capito di voler fare qualcosa di mio e, visto anche il mio trascorso nel mondo dell’informatica e del marketing, ho deciso di aprire una mia attività di web development e marketing specialist per diverse attività italiane (in America) e non. Mi occupo di sviluppo di siti web e di gestione di pagine social per aziende, brand e persone note».

Con un nuovo viaggio non banale, poi, Giuseppe, con tutta la famiglia, si è trasferito a Miami. «Per cambiare città ci siamo spostati in auto, facendo New York-Miami in 24 ore no-stop. È stata un’esperienza particolare anche quella – racconta –. Ora viviamo a Miami da quasi due anni e continuo con la mia attività che mi lascia parecchia libertà di movimento: posso lavorare da dove voglio ed è molto bello. Io e mia moglie, inoltre, abbiamo avuto una figlia, Aurora, che è nata proprio a Miami, quasi un anno fa». Gli ultimi mesi per Giuseppe e la sua famiglia sono stati vissuti con preoccupazione, a causa del Covid-19. «In Italia abbiamo ancora i parenti, io a Cavernago e mia moglie anche a La Spezia, sua città d’origine. Quindi, vedendo e leggendo ogni giorno cosa succedeva nel nostro Paese, eravamo davvero preoccupati per loro. Lo siamo ancora un po’ anche oggi, soprattutto per i miei nonni che, essendo anziani, potrebbero essere maggiormente soggetti alla malattia. A Miami invece l’emergenza è esplosa quando in Italia stava finendo e le misure all’inizio sono state blande e sono costate migliaia di casi e centinaia di decessi. Ora si sta cercando di recuperare e vedremo come si evolverà la situazione».

L’Italia è, quindi, sempre nei pensieri di Giuseppe. «I sentimenti sono sempre contrastanti, perché quando siamo in Italia ci mancano gli Usa perché sono diversi e viceversa. Ma il sentimento è più forte per l’Italia, anche solo per il cibo: quando sei in America cerchi sempre l’italianità e la peculiarità bergamasca, la polenta, il piatto tipico, e vuoi replicarlo. E se trovi un italiano all’estero lo apprezzi di più e ci leghi tanto. Nostra figlia, poi, l’abbiamo portata a fare il battesimo a Bergamo, in Città Alta, poco prima dell’esplosione Covid-19. E non mi dispiacerebbe che frequentasse le scuole in Italia, che avesse un’educazione in Italia. Non voglio perdere il legame con la mia terra che per me è importante. Ma, allo stesso tempo, vorrei anche darle l’opportunità di crescere in un Paese straniero. Il sogno sarebbe quindi di poter vivere tra l’Italia e gli Usa, dove mi trovo e ci troviamo benissimo».

«L’esperienza che sto vivendo – conclude Giuseppe – mi ha portato ad avere un’apertura mentale che quattro anni fa non avevo. Mi ha regalato nozioni, conoscenze, esperienze che messe insieme, anche se un domani tornerò in Italia saranno sempre dentro di me e mi permetteranno di fare qualcosa in modo migliore, perché ho vissuto fuori casa. E lo consiglio a tutti di fare un’esperienza simile». Perché anche se non sarai «Quello che per primo vede l’America», l’America ti cambierà.

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