Il coraggio di cambiare, a quasi 40 anni vola in Cina

Dai primi passi come apprendista a Grumello del Monte fino al ruolo di manager esperto di materie termoplastiche a Wuxi, nella regione di Jiangsu in Cina per Fluorseals, un’azienda leader mondiale del settore e originaria proprio della Valcalepio. Porta lontano la storia di Mauro Caldara, 41enne di Grumello che solo tre anni fa ha fatto il grande salto verso la Cina, complice la voglia di cambiare. «In Cina ho trovato la mia famiglia e il mio posto nel mondo» dice oggi soddisfatto. Al suo fianco la moglie Elena, conosciuta in Cina, e la prospettiva di una sfida lavorativa appassionante in un settore che conosce molto bene. «Ho sempre lavorato nel mondo delle materie termoplastiche, cominciando a 16 anni come apprendista. In particolare mi sono occupato sempre di Ptfe, un materiale termoplastico utilizzato in diversi settori dal medicale, all’automotive, all’aerospaziale, al settore elettronico. È un materiale in continua evoluzione e studiarlo mi dà sempre nuovi stimoli. Non mi annoio mai». Il Ptfe serve soprattutto per realizzare prodotti come guarnizioni, tubi, tondi, lastre per i vari settori citati prima.

«Dopo 12 anni nella stessa azienda sono diventato caporeparto e poi ho cambiato azienda, sempre mantenendo il mio ruolo e sempre rimanendo nel mondo del Ptfe, restando a lavorare in zona. Tre anni fa, poi, la grande occasione: Fluorseals, azienda leader a livello mondiale nel Ptfe ma non solo, cercava una persona con esperienza per la loro unità produttiva cinese e io ho deciso di farmi avanti. Così, in men che non si dica, ho preso l’aereo, destinazione Shanghai. Era il 3 dicembre 2017. Da quel giorno vivo e lavoro, come Plant Manager della Fluorseals Asia, in Cina». «Il lavoro in Cina non è come me lo immaginavo – racconta –. La passione e il ritmo che ci mettiamo noi bergamaschi nel lavoro credo non abbia eguali nel mondo, nemmeno qui. All’inizio poi ho avuto problemi di comunicazione, in quanto il mio inglese era di livello elementare e dove abito, a Wuxi, provincia dello Jiangsu, non è nemmeno così diffuso come a Shanghai o Pechino. Ma il progetto lavorativo che mi era stato proposto era troppo importante e stimolante e non ho mollato».

Mauro, a poco a poco, si è ambientato ed è riuscito anche a costruirsi una famiglia. «Ancora non parlo cinese, ma conosco qualche parola giusto per dare indicazioni al tassista e arrivare a casa. Sul lavoro però ho conosciuto Elena, la donna che ora è mia moglie. Abbiamo una bellissima bambina di 4 anni, Feifei, nata dalla sua precedente relazione ma che io considero a tutti gli effetti mia figlia. L’aver creato una mia famiglia qui è stato davvero importante per me: se non fosse successo non sono sicuro che sarei rimasto così a lungo perché l’ambientamento iniziale non è stato facile e nemmeno ora non mi ritengo integrato al 100%. È più come se mi fossi creato una bolla italiana e bergamasca, il mio mondo composto dalla mia famiglia, dai miei collaboratori aziendali, da una piccola cerchia di amici cinesi e da un gruppo di una quarantina di italiani tra cui due bergamaschi».

Le differenze tra Italia e Cina sono davvero tante e a Mauro mancano Bergamo e l’Italia. «La Cina ha tanti aspetti positivi: ad esempio sono rimasto stupito dall’altruismo dei cinesi. Anche se ti conoscono da poco non esitano un attimo ad aiutarti e anche se hanno poco o nulla ci tengono a condividerlo con te. Una menzione speciale la merita Betty, la manager cinese del ristorante italiano “Mammamia”. La sua amicizia è stata fondamentale per i miei primi sei mesi qui, quando era tutto complicato, compresa la lingua, e lei era sempre pronta ad aiutarmi. Dell’Italia e di Bergamo mi manca tutto. Sicuramente la mia grande famiglia e i miei amici a cui penso tutti i giorni e che sento spesso. Anche il cibo del mio Paese natale mi manca tantissimo. Anche mia moglie e mia figlia apprezzano il cibo italiano, la piccola poi adora la carbonara, la pizza e il tiramisù. Mi mancano il salame nostrano e i formaggi, la polenta, il coniglio al forno e una bella grigliata di costine e salamelle. Poi mi manca il calcio vissuto come lo viviamo noi in Italia, mentre qui mi accontento delle partite più importanti trasmesse dalla tv cinese».

A causa della pandemia in atto, Mauro non torna in Italia dal 31 gennaio 2020. «Solitamente tornavo due volte all’anno, ma ora col Covid-19 è difficilissimo poter rientrare in Cina. Esistono delle restrizioni importanti qui e uscire dalla Cina ora non mi garantirebbe la possibilità di poter rientrare. L’ipotesi migliore sarebbe un rientro con quarantena, ma abbandonare l’azienda per 4-5 settimane in questo periodo di crescita e sviluppo importante per noi non lo potrei fare. Ho preso un impegno e lo manterrò fino in fondo. Ho davvero un senso di gratitudine profondo nei confronti di Fluorseals, che mi ha dato un’opportunità di crescita importantissima a livello professionale e personale. Ho incontrato la strada di questa azienda al momento giusto e nel posto giusto e gli sarò per sempre grato (anche a Laura, Giovanni e Fabio, della direzione della Fluorseals, che non mi fanno mai mancare nulla e mi supportano e sopportano anche a distanza)».

E il futuro? «Innanzitutto mi piacerebbe che i miei genitori venissero a trovarmi qui e vedessero quello che mi sono costruito in Cina, ma so che è impossibile perché mio padre non ha mai preso un aereo ed è terrorizzato solo a pensarci, quindi non parliamogli di 12 ore di volo. Poi per il futuro sicuramente mi vedo ancora qui per i prossimi 6-7 anni, fino a quando gli obiettivi aziendali che ci siamo prefissati all’inizio di questa mia esperienza saranno raggiunti. Ma non escludo nulla, anzi prima o poi vorrei tornare a casa, nella Bergamasca».

«Qui ho ancora in progetto di vedere tanti posti che dalla Cina posso visitare più facilmente, come la Thailandia, il Giappone e il Vietnam – conclude Caldara –. Ma sì, l’obiettivo è di rientrare in Italia in un futuro a lungo termine. Con mia moglie e mia figlia ovviamente».

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