«Londra, tutti pazzi per l’italiano
Con il Covid lezioni online per tutti»

«La prima volta che ho vissuto e lavorato a Londra era il 1986 – racconta Stefania Cremaschi, 53 anni, di Ranica –. Ero venuta nella capitale inglese per fare un’esperienza all’estero di 6 mesi dopo la maturità e ho lavorato alla Benetton. Mi è piaciuto davvero tanto, sia lavorare in questa città, sia la vita che offriva. Nel 1990, poi, mentre lavoravo alla Reggiani macchine nell’ufficio export, a Bergamo, sono tornata a Londra per altri 3 mesi per conseguire una certificazione di lingua inglese».

La svolta per Stefania arriva durante l’università, quando cambia lavoro e conosce Mark, l’uomo che poi nel 2004 sarebbe diventato suo marito. «Mentre studiavo Lingue e letteratura alla Statale di Milano mi sono licenziata e ho iniziato a insegnare inglese agli adulti di sera. Lì ho capito che insegnare era una vocazione per me. Nel 1993, poi, mentre tornavo da Bologna, da una visita a un’amica, sul treno ho incontrato Mark, un ragazzo inglese che si trovava in Italia in Erasmus. Il treno si è rotto nel nulla. Era domenica sera e siamo rimasti fermi 2 ore. Abbiamo iniziato a parlare e a conoscerci e da lì è nato il nostro amore. Per 3 anni ci siamo frequentati tra Londra e Bergamo e, poi, nel 1996, dopo che entrambi ci siamo laureati, mi sono trasferita in un paese fuori Londra per un corso post laurea di un anno di insegnamento di italiano e francese all’università di Reading. Finito il corso ho trovato lavoro a Londra in una scuola come insegnante di italiano. Da allora vivo e lavoro a Londra e per 17 anni ho insegnato in una scuola femminile nel centro della città, vicino a Oxford Street». Fino al 2018.

«Nel frattempo io e Mark ci siamo sposati e abbiamo avuto 2 figli, Alex, che ora ha 12 anni, e Luca, di 15. Il 20 aprile del 2018 ad Alex è stata diagnosticata la leucemia e io ho mollato il lavoro per stare con lui. Dopo 6 mesi, fortunatamente, ha ripreso a stare bene e ad andare anche a scuola e io ho iniziato la mia seconda carriera da insegnante. Da casa. Avevo sempre avuto l’idea di insegnare l’italiano agli adulti nella mia cucina con un cappuccino o un bicchiere di Prosecco. E così ho fatto». Una vita, quella di Stefania, dedicata tutta all’insegnamento della lingua del proprio paese natale. «Faccio anche parte di un gruppo nazionale dell’insegnamento dell’italiano e quando i miei figli erano piccoli avevo organizzato un gruppo di merenda in cui insegnavo l’italiano ai bambini. Decidere di non tornare a insegnare a scuola, ma di farlo a casa, a gruppi di adulti o a singoli, è stata una delle migliori decisioni della mia vita. Ora insegnare mi piace molto di più, anche perché nelle scuole c’è un programma da seguire, mentre con gli adulti fai quello che vuoi. La mia attività è andata di bene in meglio. Funziona soprattutto col passaparola: ci sono molti inglesi che vogliono imparare la nostra lingua, soprattutto figli o mogli o mariti di italiani che si sono trasferiti a Londra».

Ora l’emergenza coronavirus ha introdotto una nuova modalità di insegnamento, adottata anche da Stefania. «Insegnare online mi ha permesso di ampliare la mia clientela. Ora insegno anche a persone che non vivono vicino a me. E faccio anche conversazione con bergamaschi che vogliono conversare in inglese. Sono occupata quasi tutti i giorni, tutto il giorno. E mi piace, è bello e stimolante. Ed è una soddisfazione. Anche mio marito, che ha origini di Avellino (il suo cognome è Cerasale), e i miei figli sanno benissimo la lingua italiana e sono tutti molto legati al mio paese natale». Stefania, negli anni, si è costruita una vita e una rete di relazioni a Londra, ma l’Italia è come il primo amore, non si scorda mai.

«A Londra c’è tutto, non puoi stancarti. Noi abitiamo a 100 metri dal Tamigi, e vicino al palazzo di Enrico VIII, con parco vicino. Lo stadio nazionale del Rugby è a 2 chilometri da casa nostra. In mezz’ora sono centro. Usiamo la metro e abbiamo tutto. Però non dimentico l’Italia e Bergamo. Con mio marito e i miei figli torniamo spesso, almeno 4 o 5 volte all’anno. D’estate stiamo un mese a La Patta, località tra Ranica e Torre. Mio figlio più piccolo è stato battezzato in Città Alta e l’altro mio figlio sul lago di Garda dove mi sono sposata. Luca, poi, è un atalantino sfegatato e per il suo quindicesimo compleanno gli abbiamo regalato lo striscione e la mascherina anti-coronavirus dell’Atalanta. Quando veniamo a Bergamo se c’è occasione andiamo sempre a vederla giocare allo stadio. Personalmente, poi, da quando mi sono trasferita all’estero mi sono resa conto che l’Italia, nonostante le sue pecche, ha tante belle cose. Si apprezza molto di più vista da lontano. Ed è bello tornare a Bergamo, perché casa è sempre lì. L’Italia scorre nelle vene di tutta la mia famiglia: durante il lockdown per il Covid-19 con mio figlio piccolo abbiamo fatto anche i casoncelli. Ho scoperto che ha imparato da mia madre nelle estati in Italia e che ne è appassionato».

E per il futuro? «Non escluderei che uno dei miei due figli venisse a vivere in Italia. Luca soprattutto. Ma vedremo. La nostra famiglia comunque sta bene a Londra, anche se ho ancora i miei genitori, Margherita e Martino, e le mie sorelle in Italia e ovviamente mi mancano. Così come gli amici. Durante il lockdown sono riuscita a star molto vicino a mio padre grazie a un appuntamento fisso: ogni giorno facciamo una videochiamata in cui lo intervisto e sto così raccogliendo tutte le informazioni sulla sua vita, un po’ per distrarlo, un po’, chissà, magari per farne una biografia». «Sicuramente – conclude Stefania – appena sarà possibile, data l’emergenza coronavirus, tornerò in Italia a trovare la mia famiglia. E organizzerò i viaggi culturali che con i miei studenti di ora già stavamo organizzando di fare nella mia terra natale, visto che sono tutti molto interessati e affascinati dalla nostra cultura e dalla nostra arte, oltre che dalla nostra lingua. Ovviamente, ora, dopo quello che è successo nella bergamasca e il dolore che ho provato a vedere e leggere di tutti quei morti, persino sul New York Times, sono ancora più motivata a organizzare un weekend per i miei studenti a Bergamo».

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