«Vado al lavoro in aereo: geologa nel deserto australiano a caccia di falde acquifere»

La storia Da Montello a Perth: Elena Colleoni, a 37 anni, è geologa in Bhp, una delle compagnie minerarie più grandi al mondo.

La sua strada, Elena Colleoni, l’ha trovata dopo il diploma in informatica. Un percorso piuttosto lungo e tortuoso, che l’ha portata a macinare molti più chilometri di quanti mai avrebbe pensato di farne. Non tanto perché il lavoro della sua vita l’ha trovato a Perth, in Australia, nientemeno che dall’altra parte del mondo, ma perché per andarci – al lavoro – Elena sale su un aereo e si sposta di almeno duemila chilometri da casa. Trentasette anni, nativa di Bergamo ma orgogliosamente «da Montello», come dice lei, Elena non fa la hostess, ma la geologa. Anzi, da un paio d’anni a questa parte, l’idrogeologa: lavora nel deserto, vive a metà tra la metropoli australiana e il villaggio che la sua azienda ha allestito in mezzo al nulla per ospitare i dipendenti che cercano ferro nelle cave a cielo aperto sperdute nelle distese australi. E a parte un po’ di nostalgia per la famiglia e i formaggi di montagna, è felicissima di vivere a 13.600 chilometri da casa.

Il master in Geologia terrestre

Ma andiamo con ordine: preso il diploma all’Istituto tecnico Majorana di Seriate, Elena Colleoni si iscrive alla facoltà di Geologia dell’Università Bicocca di Milano: «Ho sempre avuto la passione per l’ambiente – dice – e non capisco come mai ho studiato informatica. Avrei voluto fare Chimica ambientale, oppure Agraria, poi ma probabilmente mi sono fatta influenzare dalla scelta di altri compagni». La passione però è rimasta e così Elena ha deciso di assecondarla: dopo un master in Geologia terrestre, a marzo del 2010 ha iniziato a cercare lavoro a due passi da casa.

«Volevo lavorare vicino a casa»

«Non volevo allontanarmi – spiega –; ho scelto una specializzazione nel terrestre piuttosto che nella marina, proprio perché da noi non c’è il mare e avrei voluto trovare lavoro in provincia di Bergamo». Per sei mesi Elena si rimbocca le maniche e si offre di lavorare anche gratis: «Volevo fare esperienza – dice –. Ho provato con le cave di Sarnico e Credaro, e pure nei cantieri edili, ma mi hanno sempre risposto che non cercavano donne in cantiere. Mi sarebbe piaciuto anche lavorare nei Beni culturali, magari nel restauro e nella conservazione dei monumenti, ma non c’erano opportunità».

Australia, paradiso per geologi

Sono bastati sei mesi alla giovane geologa bergamasca, per capire che, per iniziare a lavorare, avrebbe dovuto probabilmente cambiare aria. «Un giorno in università venne a trovarci uno studioso che ci disse come l’Australia, e in particolare il Western Australia, fossero considerati il paradiso dei geologi. Così ho aperto l’atlante, ho visto dove si trovava Perth e sono partita». Senza contatti né prospettive, l’idea di Elena era quella di restare là uno, al massimo due anni: «In una settimana ho trovato casa e lavoro in un ristorante italiano, per sostenermi – racconta –. Dopo sei mesi ho fatto il mio primo colloquio con un’azienda mineraria che cercava un geologo di esplorazione senza esperienza. Pensavo che il livello del mio inglese fosse accettabile, mi sono accorta invece che era pessimo, ma mi hanno presa lo stesso».

Il rame nel Little Sandy Desert

Spedita a lavorare nel Little Sandy Desert alla ricerca di rame, Elena ha iniziato così a coronare il suo sogno e oggi lavora per la Bhp, una delle più grandi compagnie minerarie del mondo. «Faccio turni di 8 giorni – dice –, prendo l’aereo una volta la settimana e mi trasferisco di fatto nel villaggio dell’azienda vicino alla cava. Lì abbiamo tutti i confort, come in un villaggio turistico, dal ristorante al pub, dalla palestra alla piscina, ai campi di tennis e di cricket. Poi rientro a casa e mi riposo 6 giorni, tra corse, yoga, cene con gli amici e soprattutto tanta spiaggia».

«Il lavoro dei miei sogni»

È il lavoro dei sogni, per la geologa bergamasca partita da Montello, «ma ricordo ancora la mia prima, bellissima esperienza – racconta –. La compagnia che mi ha assunto aveva soltanto tre furgoni: dormivano in uno di questi, nel deserto, con un solo bagno chimico all’esterno. Ho cambiato tante compagnie, cercando sempre di migliorare e adesso mi trovo in una delle più importanti al mondo».

Alla ricerca di falde acquifere

Ma cosa fa un’idrogeologa quando arriva al lavoro? «Analizzo il materiale – spiega Elena Colleoni –, attualmente lavoro in una cava nel bel mezzo di una distesa arida vastissima, alla ricerca di ferro. Parliamo di cave che si estendono per decine di chilometri e profonde fino a cento metri. Io e la mia équipe cerchiamo la falda acquifera, ne scopriamo la profondità e lavoriamo per creare dei pozzi in grado di estrarre e raccogliere l’acqua. In questo modo abbassiamo la falda per permettere ai colleghi di scavare nel terreno all’asciutto».

Pari opportunità per le donne

Un lavoro, quello di Elena, che in Australia si sta tingendo sempre più di rosa: «All’inizio ero l’unica ragazza, oggi ce ne sono altre – dice –. Devo ringraziare questo Paese, che non mi ha mai discriminato, né come straniera né come donna. Sono arrivata qui a 26 anni, da sola e senza esperienza, e tutti coloro che ho incontrato, mi hanno dato la possibilità di lavorare e di crescere. Non è stato così in Italia, purtroppo, e questo mi dispiace. Tornerei se solo avessi la possibilità di fare il mio lavoro e di guadagnare come qui, ma so che non è possibile».

Perth, una città isolata dal mondo

È orgogliosa di essere italiana e bergamasca, Elena Colleoni, anche se da qualche tempo ha preso, dopo la residenza, anche la cittadinanza australiana. «Noi bergamaschi siamo dei grandi lavoratori e io lo sto dimostrando anche qui» dice. «L’Australia è un Paese enorme, ma con poche persone ed è sempre alla ricerca di personale, in tutti i settori. Nessuno bada se sei uomo o donna, giovane o vecchio, indigeno o straniero: basta avere voglia di lavorare e qui il futuro è assicurato». Una pecca? «Perth è la città più isolata del mondo – conclude Elena –. Per fortuna c’è il mare, che adoro, ma le distanze sono davvero enormi: per andare in un’altra città bisogna fare ore di macchina. E poi mi mancano le montagne e lo stile di vita che abbiamo in Italia; qui non si può uscire per andare al bar a bere un caffè o per fare una passeggiata».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero: è il progetto Bergamo senza confini promosso da «L’Eco di Bergamo». Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Info a [email protected].

© RIPRODUZIONE RISERVATA