Anziani, ingresso nelle case di riposo
Ci sono almeno 1.500 famiglie in attesa

Le Associazioni: regole complicate per i nuovi ingressi post pandemia, così ci bloccano. Martedì 16 giugno vertice con Ats.

«La situazione va sbloccata: è un problema sociale, oltre che emotivo e relazionale, per i parenti degli ospiti delle case di riposo, e un ulteriore problema per i futuri ospiti che a oggi in pratica non si riesce ad accettare nelle case di riposo. E per la provincia di Bergamo stiamo parlando di 1.500 persone in attesa, almeno 150 in condizioni di particolare fragilità o di malattia avanzata che hanno bisogno di assistenza». Fabrizio Ondei, coordinatore Uneba Bergamo, Unione nazionale Istituzioni e iniziative di assistenza sociale, fotografa con toni incisivi lo «stallo» in cui si trovano attualmente le Rsa, già pesantemente colpite dallo tsunami del Covid19: l’ultima delibera regionale sul settore sociosanitario, infatti, ispirata a garantire norme di massima sicurezza per evitare contagi da coronavirus, nella sostanza non consente ancora l’accesso dei parenti per le visite, salvo casi eccezionali e autorizzati dalla direzione sanitaria e che rappresentino situazioni di estrema emergenza (in sostanza il pericolo di vita) e pone dei paletti stringenti, per molte Rsa veri ostacoli, per l’accoglienza di nuovi ospiti.

«È evidente che c’è la necessità di dare una risposta ai bisogni della società, alle tante persone anziane che hanno urgenza di essere assistite e alle loro famiglie, quando ci sono. Dopo aver affrontato l’emergenza della pandemia, queste necessità si fanno tanto più pressanti. Certo, vanno esaudite coniugandole con standard di sicurezza, ma le problematiche che le Rsa si trovano ad affrontare non sono poche, e non tutte apparentemente risolvibili – continua Ondei – . Per esempio si chiede che l’anziano candidato ospite venga sottoposto a tampone, e che poi resti in isolamento per 14 giorni all’interno della struttura candidata ad ospitarla. Non tutte le Rsa sono in grado di poter rispondere a queste disposizioni. E il problema economico non è dietro l’angolo ma è già pressante, per moltissime realtà bergamasche. C’è chi ha già fatto ricorso alla cassa integrazione: se si calcola che la retta media per un ospite è di circa 60 euro al giorno, si fa in fretta a capire quanto abbia pesato, oltre ai drammi emotivi, la pandemia Covid sulle nostre realtà. E quanto pesi anche l’attuale stallo. Peraltro, il problema economico riguarda anche molte famiglie degli ospiti. Confidiamo di poter avere un confronto proficuo con l’Ats».

L’Agenzia per la tutela della salute di Bergamo ha infatti concordato con le Associazioni delle Rsa (sono in tutto 65 le case di riposo presenti in Bergamasca) un incontro per martedì 16 giugno in mattinata. E già nei giorni scorsi aveva rimarcato che per la ripartenza delle attività delle Rsa servono attenzione estrema e procedure condivise. «La delibera emessa dalla Regione richiede un’attenta e doverosa lettura, in quanto stabilisce azioni e comportamenti volti non solo alla prevenzione dell’epidemia, ma anche al tempestivo riconoscimento di eventuali casi sospetti e all’assunzione di immediati interventi di contenimento del contagio. Abbiamo costituito un tavolo di lavoro di analisi del provvedimento, per individuare le opportune azioni di accompagnamento e supporto agli enti erogatori e consentire la graduale ripresa e rimodulazione delle attività», aveva dichiarato proprio venerdì Giuseppe Matozzo, direttore sociosanitario di Ats Bergamo.

Necessità di dare una risposta rapida ai bisogni del territorio e nel contempo urgenza per trovare soluzioni a un problema economico (quello della mancanza delle rette e delle spese aggiuntive che si profilano per gli enti) sono gli aspetti più pressanti da affrontare: anche perché, rimarcano le Associazioni della Rsa, la delibera regionale in sostanza, «rallenta», e di molto, i tempi dei nuovi ingressi, ponendo limiti a numero dei nuovi ospiti rispetto al numero totale dei posti disponibili mentre l’obbligo di una «quarantena preventiva» dei futuri ospiti in stanze isolate solleva anche problemi logistici e organizzativi. «L’allarme è stato lanciato in modo chiaro, e le regole poste dalla Regione, che chiaramente sono ispirate alla garanzia della sicurezza sanitaria, in sostanza ci blindano – rimarca Barbara Manzoni, presidente dell'Associazione San Giuseppe, che raggruppa nella Bergamasca una trentina di Rsa di ispirazione cattolica – . Siamo da sempre interlocutori ascoltati dall’Ats, e confidiamo in un confronto che individui soluzioni condivise per risolvere molte questioni spinose e complesse. Gli interrogativi sono molti: da chi deve garantire il tampone ai futuri ospiti, a come procedere per l’isolamento preventivo in stanze singole. E contiamo di poter trovare un modo per muoverci in modo condiviso anche sulla necessità impellente di riaprire alle visite dei parenti. Ci sono casi davvero urgenti, che devono avere una risposta».

Dall’Ats, il direttore generale Massimo Giupponi garantisce la massima disponibilità al confronto con le Associazioni: «Rimarco però che al momento la questione delle visite dei parenti non è in discussione: restano sospesi gli ingressi dei familiari all’interno delle Rsa, tranne casi estrema urgenza, che vanno autorizzati. Sulla questione degli ingressi di futuri ospiti, cercheremo di sviscerare le problematiche e di confrontarci punto per punto, delibera regionale alla mano. Il numero di 1.500 persone in lista d’attesa è certamente plausibile, nell’incontro valuteremo un piano di azione sempre nel rispetto della massima sicurezza, per una ripartenza sicura e a garanzia della salute pubblica». C’è chi, intanto, la questione dei nuovi ingressi l’ha già affrontata: «Ne abbiamo fatti una decina, negli ultimi 10 giorni, si trattava di casi di urgenti, e comunque autorizzati – rimarca Fabrizio Lazzarini, direttore generale di Fondazione Carisma di Bergamo – . Parlando come Fondazione, la nostra realtà ha delle oggettive differenze: abbiamo la possibilità logistica di isolare in stanze singole i nuovi ospiti, e nei casi di persone che non potevano spostarsi abbiamo pensato direttamente ad effettuare i tamponi a domicilio, così come, nell’emergenza Covid, abbiamo spostato a domicilio e potenziato diversi servizi. Ma se devo guardare alla problematica come Rsa, non posso non ammettere che le ultime normative sui nuovi ingressi e sulle visite a parenti sono costruite così da lasciare gli enti erogatori in una situazione di paralisi: per i nuovi ingressi si pongono condizioni tali che il risultato finale è quello di annullarli.Ma i bisogni dal territorio sono vistosi: solo noi abbiamo 300 persone in lista d’attesa».

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