Avis, mancano medici e infermieri: a rischio la raccolta di sangue

Dodici giovani «camici bianchi» costretti a lasciare per incompatibilità con la specializzazione. Trapattoni: «Serve una soluzione». Si cercano nuove leve, ecco come aderire. Nel 2021 donazioni in crescita: sono già oltre 42 mila.

Una crescita personale e professionale garantita, in un contesto giovane e formativo. Potrebbe essere il lancio di Avis provinciale Bergamo per la ricerca di nuovi medici, soprattutto neolaureati. In realtà è la sintesi dell’esperienza di tre dottoresse che, causa incompatibilità con l’accesso alla specializzazione, questo mese dovranno lasciare, insieme ad altri nove colleghi, la loro attività (prevalentemente nei fine settimana) all’interno dell’associazione dei donatori di sangue. Aspetto che qualche criticità, anche in termini di raccolta di sangue e plasma, rischia di crearlo. Mara Tomasello ha 28 anni, lavora in Avis dal 2019 e ha scelto di specializzarsi in Malattie infettive: «Ho cominciato al centro del Monterosso subito dopo la mia abilitazione, quando ancora conoscevo poco la parte “pratica” della mia attività. Pian piano, grazie al supporto dei colleghi, mi sono calata sempre meglio nel contesto lavorativo, e con qualche ansia in meno».

«Oltre all’attività ambulatoriale e in sala prelievi – racconta Mara – durante la pandemia ho partecipato anche ad altri progetti come quello della raccolta di plasma iperimmune. L’impegno è significativo, ma è davvero stimolante crescere professionalmente in un ambiente così giovane e formativo». E che punta sul lavoro di squadra. Lo conferma anche Giulietta Grigis 34 anni, pronta ad entrare in specialità per la Medicina di emergenza e urgenza, con una collaborazione in Avis che risale al 2015. Anche per lei si è trattato del primo approccio professionale. «Ho iniziato, affiancata dai colleghi più esperti, a visitare i donatori, a capire come raccogliere l’anamnesi, come riconoscere alcune patologie. È un passo importante verso una medicina meno teorica e più pratica. E poi ci sono i donatori, generosi sempre, che ti aiutano a crescere anche umanamente».

È arrivata a giugno, invece, Elena D’Aietti, 26 anni, che sta per spiccare il volo verso la specializzazione di Chirurgia plastica. «Ho collaborato con un gruppo di professionisti molto unito che mi ha sempre seguito. C’è anche molta disponibilità per quanto riguarda giorni e orari per la formazione. Può sembrare un sacrificio lavorare nel fine settimana, ma l’impegno è solo al mattino. Io mi sono appena laureata e di pratico conoscevo poco, adesso mi sento più sicura nei rapporti con i pazienti». Su un altro aspetto concordano. «Dovrebbe esserci la possibilità di continuare a lavorare in Avis anche durante la specializzazione. Si tratterebbe di qualche mezza giornata al mese. E poi di sangue c’è bisogno sempre».

Già, perché l’addio dei futuri specializzandi, che si aggiunge alla cronica carenza di medici anche in questo settore, rischia di mettere a repentaglio la raccolta. «Sono anni – spiega Artemio Trapattoni, presidente provinciale di Avis – che a livello nazionale chiediamo una soluzione al problema. Svolgiamo un’attività essenziale per il Servizio sanitario nazionale e in strutture private accreditate, come sono le nostre unità di raccolta. E lo facciamo grazie anche alla dedizione e all’entusiasmo di questi giovani medici e di tutti i collaboratori che non ringraziamo mai abbastanza. Vorremmo che anche la raccolta di sangue potesse essere oggetto di quelle convenzioni specifiche che consentirebbero agli specializzandi di continuare a lavorare con noi».

E c’è un altro aspetto da considerare. Lo sottolinea, insieme alla carenza ormai cronica anche di infermieri, Barbara Giussani, responsabile sanitaria dell’associazione: «L’elevato turnover di medici, che solo dopo mesi di attività post formazione acquisiscono le necessarie competenze, non ci assicura di potere contare su un organico stabile. C’è il rischio di non poter più essere garanti di quella elevata qualità delle prestazioni richiesta dalla gestione della donazione di questo preziosissimo farmaco, che finora abbiamo assicurato».

Medici e infermieri pronti a raccogliere l’invito possono inviare il curriculum a: [email protected].

NEL 2021 DONAZIONI IN CRESCITA: SONO GIÀ OLTRE 42 MILA

Con 42.273 donazioni al 31 agosto 2021, rispetto alle 38.031 dell’anno precedente, Avis provinciale Bergamo ha già recuperato il gap delle circa 4.000 donazioni in meno - causato principalmente dall’emergenza sanitaria - con cui si era chiuso il 2020.

Complessivamente, al 31 dicembre 2020, il numero delle sacche di sangue e plasma raccolte è stato di 59.496 unità e il rilevante calo donazionale, lo scorso anno, ha riguardato esclusivamente il sangue, mentre la raccolta di plasma si era leggermente alzata per effetto di alcuni progetti come la raccolta di plasma iperimmune. Dati in crescita, dunque, quelli del 2021 e non solo per le donazioni: da gennaio ad oggi sono circa 1.400 i nuovi donatori che si sono avvicinati all’associazione per la prima volta, e poco meno di un migliaio quelli che non donavano più da oltre un anno e, in questi mesi, hanno deciso di riprendere.

Un risultato positivo frutto dell’impegno dei tanti volontari – sono oltre 36.000 i donatori operativi nelle 157 Avis comunali della bergamasca – e dei progetti di promozione della donazione e di informazione sanitaria messi in campo da Avis provinciale Bergamo. E che rischia ora di essere vanificato, per la carenza di medici e infermieri impegnati nella raccolta.

Oggi Avis può contare su uno staff di circa 35 medici e 20 infermieri. Dodici medici lasceranno a fine mese l’attività in associazione, a causa dell’incompatibilità con l’accesso alle specializzazioni. Per molti di loro si tratta prevalentemente di un impegno nelle sole mattine di sabato e domenica: sono queste, infatti, le giornate di punta per la donazione, scelte dagli avisini che preferiscono non chiedere permessi nei canonici giorni di lavoro. E il rischio – che l’associazione è impegnata a scongiurare – è quello di essere costretti a ridurre il numero delle sacche di sangue e plasma raccolte nelle nove sedi decentrate. Una criticità non di poco conto, si tratta di beni preziosissimi che, oltre a garantire l’autosufficienza nella nostra provincia, vengono destinati alle aree del Paese che ne hanno più bisogno.

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