«Bambini e Covid, sorvegliati speciali
anche grazie ai pediatri delle Usca»

Ezio Finazzi, segretario provinciale e regionale dei medici pediatri, sulla Fase 2B. «Ora sì a passeggiate, meno contatti ravvicinati. E servono più tamponi».

Lunedì 18 maggio nuovo allentamento: bar, ristoranti (forse) e negozi riaprono e – soprattutto – si torna a poter frequentare non solo i congiunti, ma anche gli amici. Fra chi festeggia ci sono, in prima fila, i bambini. Ma quali tutele vengono messe a disposizione dei più piccoli in questa Fase tre (o Fase 2B)? Ezio Finazzi, segretario provinciale e regionale del sindacato dei medici pediatri di famiglia, oltre che pediatra a Villa d’Almè, fa chiarezza.

Il timore più concreto è che, con il nuovo allentamento, ripartano i contagi. I bambini sono tutelati?

«Iniziamo col dire che a Bergamo i bambini hanno una tutela in più rispetto al resto d’Italia: parlo delle Usca pediatriche, quelle unità di medici che visitano i malati di covid o sospetti malati a domicilio. Ebbene, la nostra è l’unica provincia d’Italia ad avere attivato a fine aprile tre Usca dedicate ai più piccoli, in Val Brembana, in Val Seriana e a Bergamo città, con 25 pediatri a disposizione. Già questo è uno strumento preziosissimo: nel giro di una decina di giorni sono state già fatte 14 visite».

La delibera regionale del 7 maggio autorizza i pediatri a richiedere il tampone: anche questo è uno strumento prezioso?

«Eccome, e non solo per isolare eventuali fonti di contagio. Va tenuto conto che nei bambini la sintomatologia covid è ancora più sfuggente che nell’adulto, la diagnosi differenziale è davvero difficile. I sintomi sono febbre, malessere, tosse, a volte irritazione cutanea. I tamponi ci permettono quindi di fare una verifica. A patto però che si tengano in considerazione alcune specificità, e aspettiamo che Ats faccia chiarezza».

Cioè?

«I tamponi ai bambini li deve fare personale che è preparato a trattare con i pazienti più piccoli: è comunque uno strumento invasivo, poco piacevole, ci vuole un minimo di empatia. E poi vorremmo capire dove potranno essere fatti, auspicando più punti fra la città e la provincia, e se possiamo prescriverli solo ai sintomatici o se ci è consentito richiederli anche per i bambini che sono stati a contatto, per esempio, con genitori accertati positivi».

Molti nonni stanno facendo da baby sitter, in questo periodo ancora più del solito: è pericoloso?

«Anche i bambini possono essere fonte di contagio. Ecco perché i tamponi sono uno strumento fondamentale».

Ha senso fare i test sierologici sui bambini?

«Sarebbero molto utili dal punto di vista epidemiologico: al momento non sappiamo con certezza quanto i più piccoli siano stati contagiati nella nostra provincia, non ci sono dati né analisi. Io posso dire di aver avuto diversi casi sospetti, ma tutti si sono risolti senza che fosse richiesto il ricovero in ospedale. Senza ricovero niente tamponi, almeno fino a settimana scorsa, di conseguenza, niente dati».

Da lunedì si potrà tornare ad incontrare gli amici: per i bambini, che sotto i sei anni non hanno l’obbligo di mascherina, significa rimettersi a giocare ad un palmo di naso.

«Cosa, possibilmente, da non fare, che è meglio evitare. Capisco che sia molto difficile chiedere ai bambini più piccoli di rispettare le regole del distanziamento sociale, per loro è molto più difficile. Ma i contatti ravvicinati dovrebbero essere limitati al massimo, quanto più possibile. È molto più sicuro proporre una passeggiata all’aria aperta».

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