Coprifuoco, verso la revisione.
Gori e Pregliasco: serve gradualità

Draghi è possibilista. Per il sindaco e il virologo meno rischi se si aspetta. Le attività spingono: «Da togliere».

È materia che scotta, e non perché si chiami coprifuoco. Il divieto di uscire dopo le 22 - che il governo Draghi si appresterebbe ad allentare - viene tirato per la giacchetta, dividendo forze politiche, amministratori, virologi e operatori economici. C’è chi frena, e c’è chi spinge, con diversi gradi di accelerazione. Se il sindaco Giorgio Gori si posiziona sulla linea prudenziale di Massimo Galli, il direttore di Malattie infettive dell’ospedale «Sacco» di Milano, che anche dalle colonne de L’Eco ha ribadito che più ci si incontra e si circola la sera, più aumenta la trasmissibilità del virus, dall’altra parte stanno le associazioni di categoria, che spingono per un superamento della misura, per rendere più appetibile la stagione estiva. Sul tavolo di Roma, nel pacchetto del prossimo decreto, oltre a prevedere un nuovo step di riaperture, si sta valutando l’ipotesi di posticipare il coprifuoco alle 24 dal 17 maggio, per poi abolirlo del tutto da giugno.

La situazione sanitaria lo permette? Per il sindaco Gori è un po’ prematuro il «liberi tutti» serale e preferisce la prudenza. «Capisco il sacrificio, ed è oggetto di discussione accesa anche tra amici, che vedono il coprifuoco come una violazione delle libertà individuali – ammette il sindaco –. È comprensibilissima la voglia di uscire e di stare insieme, ma preoccupa, anche alla luce di certi assembramenti visti il weekend scorso, ad esempio sui Navigli». Se l’orientamento del governo è un progressivo allentamento del coprifuoco, per Gori «è meglio farlo in modo progressivo, magari non portandolo subito a mezzanotte ma alle 23. Non devo dirlo io, ci sono il Cts e gli esperti, ma in generale, per evitare un ulteriore picco di contagi e di trovarci nei pasticci quest’estate, è bene mantenere ancora delle misure di limitazione dei comportamenti individuali». A preoccupare il sindaco sono soprattutto i giovani: «Se le persone con più di 50 anni sono state messe in sicurezza o lo saranno in tempi brevi, soprattutto i giovani devono tenere a mente che il problema dei contagi non è stato risolto. I dati sono ancora abbastanza sostenuti, una quarta ondata entro l’estate è tutt’altro che scongiurata, soprattutto se i comportamenti dei giovani non saranno prudenti. Un picco tra i giovani sarebbe disastroso, anche in vista della ripartenza delle scuole». Lo slittamento del coprifuoco a mezzanotte potrebbe scattare in tempo per la finale di Coppa Italia dell’Atalanta, che si gioca a Reggio Emilia il 19 maggio, tema già posto dal deputato leghista Daniele Belotti. «Se così fosse – interviene Gori – inviterei i tifosi a sfogarsi quella sera con i caroselli in auto e in moto, senza però che si ripeta un’altra piazza Duomo».

Sui ristoranti il sindaco dice che «con il rientro a mezzanotte potrebbero organizzarsi su due turni». Ma le categorie puntano all’abolizione del coprifuoco, augurandosi che la campagna vaccinale porti presto a una «zona bianca». «Che senso ha vietare ai ristoranti di lavorare la sera, se poi in altri contesti, come nei parchi domenica scorsa, si sta tutti attaccati? Chi si assembra, soprattutto i giovani, lo fa anche prima delle 22», è la provocazione di Oscar Fusini. Il direttore di Ascom mette l’accento su due punti: «Un Paese sotto coprifuoco non è godibile sotto il profilo turistico, e i turisti stranieri decidono ora dove prenotare le vacanze, anche in base a dove c’è questa misura. Il coprifuoco, poi, è strettamente collegato al lavoro serale dei ristoranti, già messi in difficoltà per non poter lavorare negli spazi chiusi». Anche per Filippo Caselli, direttore di Confesercenti, «il coprifuoco rappresenta una tegola sui pubblici esercizi, limitando fortemente la ripartenza di tutto il settore, è una limitazione per noi assurda». L’associazione accoglie quindi di buon grado «il fatto che il governo Draghi si stia impegnando per portarlo a mezzanotte o, meglio, abolirlo. Se c’è, qualcuno lo avrà valutato come necessario, ma per noi è anacronistico: i ristoratori non possono completare il ciclo del lavoro serale, fondamentale per il bilancio delle imprese». E il pressing non è solo per togliere il coprifuoco. «Si tolga il vincolo di poter lavorare solo all’aperto, è discriminante per chi non ha i dehors e pone un forte limite alla ripresa di tutto il settore». La situazione va rivista anche per Nicola Viscardi, presidente del Duc (Distretto urbano del commercio). «A questo punto sarebbe più opportuno toglierlo del tutto e tenere un livello di controlli molto alto – interviene –. Gli operatori commerciali hanno dimostrato, soprattutto a Bergamo, di rispettare le regole».

PREGLIASCO: «ANCORA POCHI VACCINATI, MENO RISCHI SE SI ASPETTA»
«Ormai ci sono diversi studi a sostenere l’efficacia del coprifuoco in termini di riduzione dei contagi – fa sapere Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Istituto ortopedico Galeazzi di Milano –. Secondo uno degli ultimi lavori pubblicati in merito, il coprifuoco serale sarebbe in grado di ridurre l’Rt del 13%. Credo dunque che, in questa fase delicata, la direzione che più ci mette al sicuro anche in vista di un’estate più libera sia la strada della prudenza». «È chiaro – aggiunge – che è difficile quantificare quanto quelle due ore di apertura in più possano incidere sulla crescita dei contagi. Ma è altrettanto evidente che il coprifuoco ha la grande capacità di regolare i contatti e la mobilità. Va visto un po’ come un rubinetto: più lo lasci aperto, più acqua esce. E in questo momento ogni contatto è ancora un rischio. Più li si limita, meglio è». Limitazioni che cercano di frenare, in primis, la mobilità serale. «Si sarebbe potuto limitare quella diurna, ma ci sarebbe stata una fetta ben più ampia di attività economiche a risentirne. Ecco, sul coprifuoco pesa la necessità di trovare un equilibrio fra necessità sanitarie, riduzione dei contagi in primis, ed esigenze economiche. La sintesi spetta alla politica. Noi possiamo solo ribadire che più si apre, più si rischia». Eppure, nonostante il principio alla base sia lo stesso che guida gli esperti dall’inizio della pandemia – evitare i contatti –, oggi c’è un enorme fattore che potrebbe far pendere l’ago della bilancia a favore delle aperture: la campagna di vaccinazione. «Ma solo il 27% degli italiani ha ricevuto la prima dose – frena Pregliasco –. E per vedere l’effetto deciso della copertura vaccinale in termini di riduzione dei decessi la quota di immunizzati dovrebbe essere almeno doppia».

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