«Covid, contagi in crescita ma pochi ricoveri: merito dei vaccini»

Spada (Humanitas): aumenteranno anche i ricoveri, ma la differenza rispetto ai contagi delle precedenti ondate risulta evidente.

La crescita dei contagi c’è, ed è netta, seppur con un primo segno di frenata dopo l’iniziale fiammata. Ma ci sono altri indicatori da guardare, oggi più che mai fondamentali: i ricoveri, ormai dopo circa tre settimane di rimbalzo della circolazione virale, restano sostanzialmente stabili, solo lievemente in aumento, mentre i decessi anzi continuano ad arretrare . In filigrana, allora, scorre l’effetto protettivo del vaccino rispetto alle conseguenze più severe della malattia.

Lo suggeriscono i numeri. La progressione settimanale dei contagi in Bergamasca aveva toccato il minimo tra il 21 e il 27 giugno, con 46 casi, prima di iniziare una rincorsa che ha portato ai 159 casi nella settimana appena conclusa. E se nella settimana dal 12 al 18 luglio le infezioni erano aumentate del 116% sulla precedente, nel periodo dal 19 al 25 luglio l’aumento s’è contenuto al 50%. Anche se un campanello d’allarme resta: i 37 nuovi casi di domenica 25 luglio – coincidenza, a due settimane esatte dagli assembramenti per la vittoria degli Europei – sono il dato giornaliero più alto di luglio e il più consistente dal 12 giugno . In Lombardia, dove ieri si sono contati 461 positivi (tasso di positività all’1,6%), l’ultima settimana ha portato 3.418 nuovi casi: la rincorsa prosegue, anche se l’incremento settimanale è del +46%, in frenata rispetto al +99% del periodo 12-18 luglio rispetto ai sette giorni precedenti.

La medaglia epidemiologica, però, porge appunto un’altra faccia che dà fiducia. La pressione ospedaliera sale lentamente: i 16 ricoverati bergamaschi, tutti al «Papa Giovanni», sono un dato identico ai 16 che si contavano l’11 luglio, e sono praticamente la metà di quelli in cura al 4 luglio; in mezzo, in realtà, il 19 luglio si era scesi al minimo di 6 posti letto occupati, ma l’incremento è comunque di poche unità. Simile la tendenza regionale: ieri la Lombardia contava 177 pazienti (27 in terapia intensiva, 150 nei reparti ordinari), 11 in più (+7%) dei 166 della domenica precedente; l’11 luglio erano invece 161, ma il 4 luglio erano ancora 239. Scendono i decessi: la Bergamasca questa settimana è rimasta a 0 (una vittima invece la settimana precedente), la Lombardia ne ha contati 7 contro i 10 del 12-18 luglio e i 13 del 5-11 luglio.

La situazione degli ospedali

«L’evoluzione di questa fase procede secondo le previsioni», riflette Paolo Spada, chirurgo dell’Humanitas Research Hospital di Milano e tra i curatori del progetto «Pillole di ottimismo», seguitissima pagina Facebook di divulgazione. «Quando ripartono i casi, il problema è sempre quello di prefigurarsi le dimensioni dell’ondata – precisa il medico –. Siccome siamo in assenza di restrizioni, un po’ di preoccupazione è naturale che nasca. In questi giorni si segnala un primo ritorno favorevole: apparentemente, ma servirà monitorarlo ancora, si è arrivati al flesso, cioè al punto in cui le variazioni percentuali degli incrementi settimana su settimana cominciano a rallentare. In altri termini: i casi continueranno a salire, ma con una velocità via via minore».

L’impennata è stata brusca, «in linea con ottobre 2020 e con una velocità di raddoppio anche inferiore ai sette giorni», indica Spada; uno scenario lo si può leggere, sulla scorta del passato: «Cominciamo a poter definire una certa curva, che verosimilmente avrà il suo svolgimento ancora lungo agosto, per poi verosimilmente scendere. Terra bruciata attorno al virus però è stata fatta, grazie al vaccino». L’altro versante è quello dello stress sugli ospedali: «Questa è la differenza rispetto a ottobre – spiega Spada –. Sia chiaro: certamente saliranno anche questi, e vedremo anche qualche decesso. Ma apparentemente si tratta di un fenomeno ora del tutto gestibile, la differenza di crescita dei ricoveri rispetto ai contagi è evidente».

Capitolo vaccinale: «La mossa del green pass può portare un’ulteriore quota di indecisi alla vaccinazione, quel tanto che basta per minimizzare ulteriormente la quota residua di impatto sui carichi sanitari – aggiunge il medico –. Può essere vista un po’ come una costrizione, ma la misura si è resa necessaria perché si è visto che altrimenti non si raggiunge una copertura solida e sufficiente. Il cambio di criteri per le regioni? Una conseguenza logica del cambio di scenario. L’incidenza resta importante, ma non l’unica guida; l’Rt calcolato dalla cabina di regìa nazionale, quando le cose cambiano velocemente, perde di affidabilità. Oggi è il “ritorno” che danno gli ospedali a essere efficace, anche se non è un indicatore precoce. Ma spero che non ci sia bisogno di nuove restrizioni».

Quanto alla variante Delta, «in questa fase la sua traiettoria sembra definita – conclude Spada –. Possiamo aspettarci un’ulteriore variante più avanti. Fino adesso, però, delle tante che sono apparse, nessuna ha bucato la protezione vaccinale: la possibilità è molto remota».

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