Covid, nella Bergamasca l’incidenza è crollata del 79,2% in un mese: i numeri

Discesa più rapida dei casi rispetto alle ondate precedente. Il professor Carlo La Vecchia: «Incognita riaperture, senza restrizioni la curva può assestarsi su valori elevati».

La traiettoria è netta, e probabilmente irreversibile. La discesa dei contagi di quest’ondata, una volta scalata una curva dai numeri mai visti prima, ha tagliato ieri il «traguardo» del primo mese: il 10 gennaio la circolazione virale aveva toccato il massimo livello sia su scala bergamasca sia a livello regionale, il giorno seguente si era segnalato il primo calo. Ed è stata continua la ritirata del virus: il 10 gennaio appunto l’incidenza del contagio in provincia di Bergamo era di 2.368 casi settimanali ogni 100mila abitanti e di 2.772 casi settimanali ogni 100mila abitanti nell’intera regione; ieri l’incidenza è scemata a quota 492 in Bergamasca e a quota 599 a livello regionale. In altri termini: in un mese dall’innesco della discesa, l’incidenza – che è l’indicatore che traduce la diffusione del virus in rapporto alla popolazione residente – è calata del 79,2% in provincia di Bergamo e del 78,4% nell’intera Lombardia.

«La discesa in Lombardia è più accentuata rispetto allo scenario nazionale, anche perché qui Omicron è arrivata prima», osserva il professor Carlo La Vecchia, ordinario di Statistica medica all’Università degli Studi di Milano e attento osservatore della pandemia. Con una precisazione: «A dicembre abbiamo analizzato in maniera errata la situazione, creando allarmi sulla gravità di Omicron che si sono rivelati eccessivi – riconosce l’epidemiologo –. Da quando Omicron è comparsa in Italia abbiamo contato 7 milioni di casi e 15mila morti, ma la buona parte di questi decessi è stata causata da Delta. Con una prima approssimazione, si può affermare che le varianti precedenti causavano la morte in un caso su 100: con Omicron si scende a un caso su 1.000, e di conseguenza anche le ospedalizzazioni sono state decisamente minori». Ora, tra l’altro, «anche l’occupazione degli ospedali in Lombardia sta scendendo da diverse settimane – aggiunge La Vecchia -, e abbiamo dei primi segnali sulla riduzione dei decessi, se si guarda alla media settimanale».

Ondate a confronto

La discesa di questa quarta ondata – vissuta peraltro senza lockdown, ma in sostanziale libertà grazie alla vaccinazione – è per il momento più veloce delle precedenti. Sempre calibrando lo stesso intervallo, cioè guardando al primo mese di riduzione dei contagi, nella seconda ondata – che aveva avuto un picco tra il 10 e il 13 novembre 2020 – l’incidenza era scesa del 62,4% in Bergamasca e del 76,2% in Lombardia; la terza ondata – con un apice tra il 13 e il 17 marzo 2021 – si era ritirata con una riduzione del 50,6% in Bergamasca e del 55,9% in Lombardia. Proseguirà ancora, questa contrazione così rapida? «A medio periodo non mi pronuncerei – risponde La Vecchia –. Omicron è estremamente contagiosa, ed è presente ora una Omicron leggermente modificata, che in Scandinavia e nel Regno Unito ha portato a un arresto della discesa dei contagi. Questa variante dovrebbe però essere ancora meno grave dell’originaria, tant’è che alcuni di questi Paesi hanno previsto di rinunciare a restrizioni e al tracciamento dei non sintomatici. Di fatto, tra l’altro, andare a tracciare migliaia di casi, che portano poi a un numero molto piccolo di malattie gravi, è oneroso: lo è da un punto di vista di sostenibilità e perché poi riduce la forza lavoro».

Proprio il Regno Unito, prima più «avanti» nell’avvento di Omicron e ora più avanti anche sul fronte delle riaperture, è un metro di paragone importante. Con le riaperture, «la curva dei casi può restare elevata: nel Regno Unito, in sostanza, dopo il picco i casi si sono inizialmente dimezzati, ma poi non sono più scesi – spiega La Vecchia – stabilizzandosi a un valore più alto. La discesa dei contagi si è cioè livellata, ma questo non si è tradotto in un nuovo carico sulle strutture sanitarie. Può succedere anche in Italia: nelle prossime settimane potremmo continuare ad avere alcune decine di migliaia di nuovi casi al giorno in Italia, e alcune migliaia in Lombardia, ma con un impatto molto limitato sulle strutture sanitarie».

Negli ospedali

In Lombardia quest’ondata ha toccato un massimo di 3.916 ricoverati il 20 gennaio: ora sono 2.335, in poco più di tre settimane sono calati del 41,5%. «A marzo il carico degli ospedali si ridurrà drasticamente – stima La Vecchia –. Realisticamente il 50-60% delle persone ha fatto la malattia e la popolazione coperta dal vaccino è al 90%: sono garanzie importanti». Quanto al dato dei decessi, l’ultimo a calare, «è un indicatore complesso, influenzato anche dal fatto che persone in ospedale per altra patologia sono risultate positive pur senza sintomatologia Covid, e in caso di decesso sono registrate anche queste come morti Covid. I dati indicano che non c’è un eccesso di mortalità».

© RIPRODUZIONE RISERVATA