Covid, sul tampone fai da te medici e farmacisti preoccupati: «Lo sconsigliamo»

Il kit antigenico in farmacia e nei supermercati. Marinoni: «Crea confusione, e non ha valore legale». Petrosillo: «Il positivo potrebbe nasconderne l’esito».

Positivi al Covid, ma sconosciuti ai sistemi di tracciamento e dunque fuori da ogni rilevazione epidemiologica, in grado però di contagiare altre persone. Con l’arrivo nei supermercati e nelle farmacie dei tamponi nasali fai da te, il timore dei medici e degli stessi farmacisti è che possa aprirsi un varco pericoloso nella tracciatura dei casi di positività, proprio quando il numero dei nuovi casi sta finalmente abbassandosi.

Dopo il via libera a fine aprile del Ministero della Salute, è stato annunciato l’arrivo sul mercato di una prima fornitura di due milioni di test rapidi per l’autodiagnosi del Covid che ognuno potrà effettuare direttamente a casa.La possibilità di poter trovare il test anche nei negozi e il prezzo modico (tra i 6 e gli 8 euro, vale a dire meno della metà di quelli effettuati in farmacia) potrebbero agevolarne la diffusione, anche se è facile prevedere che non tutte le farmacie se ne doteranno.

Si tratta di un kit antigenico che, pur non avendo la stessa affidabilità di un test molecolare, potrà consentire di individuare positivi al Covid, anche in assenza di sintomi. Qui però iniziano i problemi: «Dal punto di vista legale non c’è nulla da eccepire sulla loro commercializzazione – spiega Gianni Petrosillo, presidente di Federfarma –. Sarà senz’altro un’informazione in più a disposizione del cittadino, ma per fare cosa? Noi contiamo sulla perfetta buona fede di ognuno, ma può capitare che qualcuno, dopo aver scoperto di essere positivo, possa tenere per sé questa informazione per non incappare in una serie di problematiche e di restrizioni. Finora, per fare un tampone, ci si doveva rivolgere a un presidio sanitario (il medico di base, un laboratorio, una farmacia o un ospedale), obbligato per legge a inserire nella piattaforma gli esiti dei tamponi». Così invece si rischia di perdere il tracciamento.

Vero è che le istruzioni del tampone fai da te sollecitano la persona eventualmente positiva a rivolgersi all’autorità sanitaria, ma non c’è alcuna garanzia che questa azione venga poi eseguita. E non è il solo problema sollevato dai farmacisti: «Questo tampone – dice Ernesto De Amici, presidente dell’Ordine dei farmacisti – può essere inserito nel naso solo per due centimetri e mezzo (contro i dieci previsti per gli altri test, ndr) e mi sembra che possa raccogliere molto poco materiale». Tradotto: quanto può essere attendibile ai fini del risultato? Poco, secondo medici e infermieri. «E in ogni caso – dice Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici – non ha alcuna validità dal punto di vista legale, dunque – nella migliore delle ipotesi – è del tutto inutile e serve solo a fare confusione, quindi è assolutamente da sconsigliare. In altre parole, se una persona risulta negativa, non può utilizzare questa informazione da nessuna parte e se è positiva, deve comunque sottoporsi a un tampone molecolare».

C’è poi una questione «etica» che non va affatto sottovalutata, secondo il presidente dell’Ordine dei medici: «Il Covid attiene a una dimensione sociale – dice – e questo fa sì che la nostra situazione di salute o di malattia vada al di là dell’aspetto individuale, perché il fatto di essere positivo non coinvolge soltanto la persona, ma anche gli altri. Per questo non è possibile lasciare alle persone la possibilità di un test fai da te».

A preoccupare gli addetti ai lavori c’è anche il discorso dello smaltimento del test: «Le istruzioni – spiega ancora De Amici – indicano che il tampone dev’essere gettato nei rifiuti urbani indifferenziati, con il rischio di diffusione dell’eventuale patogeno nel caso fosse positivo. Stiamo parlando di un’indicazione che contrasta con quelle diffuse finora, secondo le quali il test va trattato come rifiuto speciale».

Fronte vaccini, farmacie alla finestra

Sul fronte vaccini, invece, le farmacie restano alla finestra: nei giorni scorsi si sono conclusi i corsi che hanno formato circa 400 farmacisti bergamaschi, ormai pronti alle somministrazioni. Le farmacie che hanno dato la loro disponibilità sono oltre 200 (in gran parte quelle che stanno effettuando anche i tamponi), ma i vaccini non arriveranno prima di giugno: «Nei giorni scorsi Ats ci ha confermato che, per tutto il mese di maggio, il fabbisogno sarà assorbito dai centri vaccinali – conclude Petrosillo –, ma dal mese prossimo dovrebbero arrivare nuove forniture di vaccini in Lombardia, che potrebbero essere gestiti anche dalle farmacie, magari iniziando con la campagna per i dipendenti delle piccole aziende».

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