Dagli asili alla prima media, si riapre
dopo Pasqua: «Segno di speranza»

Si tornerà in presenza dai nidi alla prima media, anche in zona rossa. In attesa delle decisioni sugli istituti superiori, i dirigenti scolastici: «Siamo pronti anche a fare i tamponi».

Dopo Pasqua si ritorna sui banchi, anche in zona rossa. Fisicamente, dagli asili nido alla scuola dell’infanzia e dalla primaria fino alla prima media, ancora virtualmente dalla seconda media in su. A dare l’ufficialità è stato ieri pomeriggio il premier Mario Draghi in conferenza stampa: già nelle scorse settimane Draghi aveva paventato la possibilità del ritorno in classe in presenza, da ieri la decisione è ufficiale. «Le scuole riaprono fino alla prima media – ha detto –, il ministro Patrizio Bianchi sta lavorando perché questo avvenga in modo ordinato. La volontà complessiva era che, se ci fosse stato uno spazio, lo avremmo utilizzato per le scuole fino alla prima media. Le evidenze scientifiche mostrano che le scuole sono un punto di contagio molto limitato solo in presenza delle altre restrizioni». Una scelta che riguarderà tutte le regioni, anche quelle in zona rossa, e che viene accolta positivamente.

Le reazioni

«La decisione di riaprire – interviene Alessandra Gallone, vicepresidente dei senatori di Forza Italia e responsabile del settore formazione del partito –, anche se solo per gli studenti fino alla prima media, è una notizia estremamente positiva che contiene tanti elementi di speranza. Il governo Draghi ha fatto un primo importante passo verso una ritrovata e auspicata normalità. Si parte dai più piccoli, ed è un messaggio di speranza per l’intero Paese, ma sono certa che presto anche gli studenti delle classi superiori, sia pure con le dovute cautele, ritroveranno quella socialità che tanto è mancata. Con il 50% dei docenti già vaccinati, mentre altri lo saranno nelle prossime settimane, i rischi potenziali sono nettamente inferiori ai vantaggi. Qualsiasi forma di insegnamento non può infatti prescindere dal rapporto umano. Dopo un inverno che ci è sembrato interminabile, la primavera del nostro Paese inizia dalla scuola».

«Le scuole sono il luogo più sicuro – sottolinea Giambattista Sertori, presidente di Adasm, l’Associazione delle scuole materne –, non sono un luogo di trasmissione. Bene per la riapertura dopo Pasqua, anche se si fosse in zona rossa. L’obiettivo delle nostre azioni deve essere permettere ai ragazzi di vivere l’esperienza, per loro fondamentale, di relazione e di contatto con compagni e insegnanti. L’interruzione del servizio ha conseguenze importanti anche sui bambini, ce lo dicono medici e psicologi. La nostra associazione chiederà di lavorare a un protocollo di sicurezza per le situazioni di emergenza, perché non si debba chiudere più». Una sola perplessità sul tema, sollevata dal CoorCoGe. «Mi domando – dice Monica Ravasio, presidente del Coordinamento dei comitati genitori – per quale motivo la scuola venga riaperta solo fino alla prima media. Prendiamo per assodato che per la secondaria di secondo grado ci siano più problemi legati in particolare alla situazione del trasporto, ma non mi spiego davvero perché questa differenza tra gli studenti delle diversi classi secondarie di primo grado».

La prevenzione

E mentre tutti accolgono positivamente la notizia della riapertura delle scuole per i più piccoli, si discute anche della possibilità di procedere periodicamente a uno screening degli studenti. Il ministro dell’Istruzione si sta informando sulla possibilità di sottoporre a tampone ogni settimana gli studenti delle scuole. «Una proposta che mi lascia perplessa – aggiunge Ravasio –, soprattutto qui in Lombardia, dove dal punto di vista logistico stiamo facendo fatica per tutto». Le perplessità vengono spazzate via dai dirigenti scolastici, che, pur di riportare i ragazzi in presenza, sarebbero pronti a organizzare spazi e tempi anche per testare settimanalmente gli studenti. «La proposta del ministro Bianchi non può che trovarci d’accordo – spiega Gloria Farisé, presidente di Anp Bergamo, l’Associazione nazionale dei presidi – . Ogni ragionamento che facciamo è sempre in funzione della scuola e della sicurezza della popolazione scolastica e non: la proposta di tamponare i ragazzi ogni lunedì non può che trovarci d’accordo. Una scelta impegnativa per organizzazione, un impegno, anche dal punto di vista sanitario. Ats Bergamo aveva già prospettato, nel febbraio scorso, la possibilità di organizzare test, per le scuole che avrebbero dimostrato interesse per l’iniziativa, a cadenza quindicinale». Una posizione simile a quella di Maria Peracchi, che oltre a essere dirigente del Romero di Albino, è anche presidente della Federazione delle Associazioni degli istituti scolastici autonomi della Lombardia e di Asaberg. «Non è semplice perché bisogna organizzarsi molto bene – dice –. Non si tratta di solo fare un tampone, ma anche di organizzare le procedure per l’isolamento e tutte le strategie che consentano di mettere in atto tutte queste strategie. Sul piano della prevenzione però non ho nulla da dire: queste iniziative vanno bene pur di tornare a scuola, perché stiamo soffrendo tutti tantissimo. Bisogna capire se ci sono le condizioni per attuare la strategia. Sarà una cosa obbligatoria? Come potrebbe essere la gestione dei tempi rispetto alle lezioni? E il tracciamento come potrebbe funzionare? Se questa è la condizione per venire a scuola va bene, si tratta di capire come metterla in pratica. Anche l’iniziativa in questo senso avviata da Ats Bergamo è molto interessante: la nostra scuola ha già aderito alla proposta». Ats, interpellata nel merito dell’iniziativa citata, preferisce non commentare il progetto prematuramente.

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